
Dicono che studiare la grammatica sia un po’ come pagare le tasse: si sa che è necessario, ma non piace. Come una medicina amara.
Un giorno il compianto ministro dell’Economia di uno dei numerosi nostri governi Padoa-Schioppa se ne uscì con una frase che gli attirò l’ira e lo scherno di gran parte della popolazione. Disse: “Le tasse sono una cosa bellissima.” Anche se contesto e contenuto di quella frase non sono pertinenti alla nostra discussione, proporrei, sul calco di quella frase, questa tesi: “Studiare la grammatica è bellissimo”.
Cominciamo dalla definizione di grammatica. Dallo Zingarelli;” Grammatica: studio degli elementi costitutivi di una lingua.” Si tratta dunque di studiare il funzionamento dei meccanismi che permettono alla lingua di funzionare.
Vorrei proporre una metafora.
Immaginiamo la lingua come un giocattolo e pensiamo alla grammatica come ai meccanismi che lo fanno funzionare.
Guardiamo questa immagine.
Che fa il bambino? Studia, con i mezzi che ha a disposizione (mani, bocca, piedi), gli elementi costitutivi della palla: l’afferra, se la gira fra le mani, cerca di aprirla, di smontarla, afferra i pezzi smontati, (li assaggia, li morde… qui la metafora si fa pericolosa…), cerca di riassemblarli…
Il bambino si diverte cercando di scoprire il funzionamento della palla.
Potremmo sintetizzare dicendo che cercare di scoprire equivale a studiare.
Io credo che se riuscissimo a ricreare, in uno studente alle prese con la grammatica, la stessa curiosità, la stessa concentrazione con cui un bambino, divertendosi, smonta o cerca di smontare il suo giocattolo, allora potremmo anche noi dire che la grammatica è bellissima.
Ma come ricreare quelle condizioni esistenti in quel tempo miracoloso della nostra vita?
Vediamo gli elementi in campo: il giocattolo, cioè la lingua da esaminare; il bambino, cioè lo studente che deve scoprire i meccanismi del giocattolo/lingua.
LA LINGUA
Abbiamo usato l’espressione “scoperta” dei meccanismi, scoperta della grammatica.
Possibile obiezione:” Perché affannarsi a cercare le regole, quando sono così bene esposte su una qualsiasi grammatica o chiaramente spiegate dal bravo professore?”
Risposta:” Perché se il meccanismo, la regola è il risultato di una sua ricerca ci sono più garanzie che la ricordi, che quella regola vada ad arricchire la sua competenza grammaticale.”
Una ricerca per essere interessante deve essere una ricerca vera.
I meccanismi interni, la grammatica, non devono essere immediatamente visibili. Questi meccanismi devono costituire la meta, l’obiettivo, la scoperta del lavoro di ricerca.
Insomma una sfida intellettuale.
Se vengono immediatamente scoperti il giocattolo è sbagliato, il compito proposto, il testo usato è troppo facile. E il giocattolo viene messo da parte PERCHE’ANNOIA. Cercare i verbi al passato prossimo in un testo che ha tutti i verbi al passato prossimo è un’offesa all’intelligenza dello studente che farà l’esercizio mentre chatta con gli amici.
D’altra parte se i meccanismi sono invece troppo complessi, se lo studente non riesce ad “aprire il giocattolo, a intravedere i meccanismi che lo fanno funzionare, allora scaraventa il giocattolo contro il muro perché non si diverte. Far cercare i diversi tipi di periodo ipotetico nella prima settimana di un corso principiante giustifica la fila davanti la porta della direzione per cambiare insegnante.
La ricerca è vera quando non si sa dove il fenomeno grammaticale su cui focalizzare la ricerca appare.
Un altro vantaggio: la frequenza di apparizione del fenomeno dà l’idea corretta della lingua (un testo costruito a tavolino con una miriade di passati remoti per studiare il passato remoto somiglia molto un testo di Achille Campanile, il più geniale scrittore umorista italiano del 900).
La lingua vera, i testi autentici presentano le caratteristiche ideali per il lavoro di ricerca. Sono intriganti, stimolano.
LO STUDENTE
Lo studente va sfidato. Deve percepire che il lavoro a cui è chiamato impegnerà tutte le sue risorse intellettuali.
Se capisce che l’insegnante lo considera capace di affrontare quella ricerca cercherà di non deluderlo.
Se percepisce che dietro quelle istruzioni c’è un lavoro di preparazione che prevede lui al centro dell’attività, si impegnerà al massimo.
Se realizza che attraverso questo lavoro di ricerca le sue competenze registrano reali ed effettivi momenti di crescita (a prescindere anche dall’esito della ricerca*), non soltanto beneficerà dei frutti di quella ricerca, ma avrà acquisito una metodologia di lavoro che può diventare il SUO metodo di studio.
Se la scoperta di un meccanismo, di una regola, è il risultato di una sua ricerca non solo aumenterà le sue conoscenze e svilupperà la sua competenza, ma aumenterà la sua autostima, vorrà capirne di più, si cimenterà con compiti sempre più ardui, con meccanismi sempre più complessi e sofisticati.
La sfida deve essere alta. Richieste che non impegnano le energie dello studente generano noia, nemico mortale dell’apprendimento.
L’INSEGNANTE
L’artefice, colui che dovrebbe organizzare al meglio l’attività didattica.
Ha il compito di selezionare testi stimolanti, selezionare fenomeni grammaticali che saranno oggetto della ricerca, affidare agli studenti compiti di analisi di tali fenomeni.
Se poi il lavoro di ricerca è strutturato secondo una modalità ludica, che stimola il lavoro fra studenti, che prevede una sana competitività per il raggiungimento dell’obiettivo della ricerca, allora ci sono tutti i presupposti per ottenere un coinvolgimento totale degli studenti.
Due citazioni a sostegno di queste ultime righe.
RULE OF FORGETTING: “L’allievo mentre gioca dimentica che sta studiando e impara. Partecipare a un’attività ludica distrae dai contenuti strettamente linguistici del compito poiché l’attenzione si concentra sull’obiettivo immediato del gioco e sulla dinamica.” S. Krashen, 1983.
La seconda si trova nell’Introduzione del libro “Volare”, 1997: “Il divertimento è un ottimo strumento per aiutare la memorizzazione degli elementi grammaticali sotto esame. Inoltre l’apprendimento ha più probabilità di avere successo se lo studente è coinvolto a vari livelli: intellettuale, corporeo, affettivo e sociale.“