
Il gatto della foto sembra proprio risponderci “Sì, vabbè…”
Nell’estate appena passata abbiamo assistito in Italia alle dimissioni di un ministro del governo. Pare che questo ministro avesse una relazione extraconiugale con una donna, che pur non avendo nessun incarico all’interno del ministero, partecipava a riunioni e viaggi ufficiali. Storia grave (ma non seria, direbbe Flaiano). In un articolo apparso su un giornale venivano citate le parole con cui il ministro si discolpava:” [questa donna]…non ha visto carte segrete, non abbiamo speso un euro per lei. “Seguiva immediatamente il commento del giornalista: “Sì, vabbè”.
Il “Sì, vabbè” equivale a “Signor ministro, le sue parole non convincono per niente.” Un’espressione dunque che comunica incredulità riguardo a ciò che è stato appena detto.
“Vabbè” è il risultato della fusione delle due parole che compongono l’espressione “va bene” e si usa principalmente nell’Italia centrale e del sud nella lingua orale. Ma, come dimostra l’esempio citato prima, l’uso di “vabbè” si sta estendendo ormai anche nella lingua scritta, senza limiti regionali.
Il dilagare dell’uso di “vabbè” deriva forse dalla sua fulminea e sintetica capacità di comunicare concetti diversi fra loro.
Un altro esempio che ho trovato nella lingua scritta, specialmente in articoli di opinionisti, è l’uso di “vabbè” quando, in un articolo in cui vengono espresse delle opinioni, si riporta alla fine un’idea contraria, una considerazione opposta a quella sostenuta nell’articolo. Dopo il punto appare “Vabbè”. Equivale a dire “Mah, c’è la libertà di parola, ognuno ha il diritto di dire quello che vuole”. Da una parte, per rispettare la libertà di espressione, si dà spazio ad opinioni diverse, dall’altra si lascia intuire il dissenso e la poca stima verso chi ha espresso quell’idea contraria.
C’è poi l’espressione “No, vabbé” all’inizio di un articolo di cronaca in cui si racconta un fatto davvero strano, ma realmente accaduto. L’intenzione comunicativa di “No, vabbè” è di catturare l’attenzione del lettore informandolo preventivamente che sta per leggere qualcosa di veramente incredibile. Una coincidenza interessante: avevo da poco ascoltato lo stesso commento, più volte ripetuto e alternato a “Ma come fa a essere così bello!”, fatto da due persone, due donne, che stavano guardando con molto interesse e grande piacere una serie di foto che ritraevano un attore dall’inizio della sua carriera cinematografica, da ventenne, fino ad oggi, sessantenne. Era Brad Pitt. Se fosse stato un uomo a sfogliare quell’album fotografico forse avrebbe pensato: “Vabbè”, considerando tristemente e con rassegnazione di non potere, esteticamente parlando, competere con il signor Brad Pitt. E riponendo l’album avrebbe detto: “Beato lui!”