La grammatica presa sul serio

Immaginate di aver esercitato una professione per più di 40 anni, di essere stimato da clienti e colleghi per la professionalità con cui avete sempre svolto il vostro lavoro. Non importa in quale campo dell’attività lavorativa, il discorso vale per qualsiasi ambito professionale. Potreste essere un ex dentista, un ex agricoltore, un ex ragioniere, un ex insegnante… insomma una qualsiasi professione.

E immaginate ora di stare comodamente e placidamente seduti sulla vostra poltrona preferita, a leggere un libro, che guarda caso si occupa della materia che ha impegnato la vostra vita lavorativa. 

È successo a me. Il titolo del libro è “La grammatica presa sul serio” e l’autore è Raffaele Simone, uno dei più grandi linguisti italiani. 

Per onestà intellettuale devo confessare di aver cominciato la lettura con un po’ di scetticismo, per due ragioni. La prima è che ho avuto la fortuna di lavorare per 45 anni in una delle migliori scuole di lingua italiana per stranieri d’Italia, la Dilit di Roma, accanto ad uno straordinario studioso ed esperto di glottodidattica, Christopher Humphris, e posso, senza falsa modestia, affermare di non essere totalmente digiuno della materia. La seconda ragione era che nel titolo del libro, “La grammatica presa sul serio” avvertivo una vaga sfumatura di rimprovero. Insomma, ho aperto il libro con un sopracciglio lievemente alzato.

Dopo tre giorni di avida e golosa lettura (sì, golosa, ogni pagina dà la beatitudine di un pezzo di cioccolata), ho chiuso il libro e ho immaginato una scena: un giocatore di calcio, un fuoriclasse, dopo aver fatto un gol bellissimo, mette il suo piede sul ginocchio di un compagno di squadra che, ritenendosi giustamente molto meno dotato, mima l’atto di lustragli umilmente la scarpa. L’autore del gol era Simone. L’indegno lustrascarpe ero io.

A questo punto bisognerebbe parlare un po’ del libro, del suo contenuto. E qui ho cominciato a sudare. Da dove comincio? Quale esempio riporto? Quale argomento è più esemplificativo? Insomma ero nel panico e sono andato a guardare in rete qualche recensione di critici letterari più attrezzati di me. Ho cominciato dalla Treccani, un po’ la casa madre della lingua italiana. Ecco come introduce la sua recensione il critico Gualberto Alvino, sulla rubrica della Treccani, “Lingua Italiana”: “Ogni prodotto di Raffaele Simone è un atto di crudeltà nei confronti del critico, esterrefatto sbalestrato paralizzato non solo dalla moltitudine, ma dalla profondità, complessità e originalità dei temi trattati, sicché non gli resta che rassegnarsi a spigolare qua e là, rinunziando a ogni sistematicità e limitandosi a dar conto dei momenti salienti (ammesso che ve ne siano di indegni di nota) e a rendere quanto più possibile il profumo dell’opera.

Ho tirato un sospiro di sollievo. Ho rivissuto lo stato d’animo che avevo al liceo quando scoprivo che anche i compagni bravi avevano avuto difficoltà con il compito di matematica.

Mi permetto dunque di spigolare qua e là anch’io per contribuire anch’io a rendere più possibile il profumo dell’opera.

Nelle prime pagine, la “Premessa”, ci sono affermazioni che spazzano via una montagna di idee sbagliate e miti negativi. Eccone alcune: “La grammatica non è una massa di minuzie fastidiose, né un insieme di prescrizioni tormentose. È il potente motore silenzioso che fa funzionare le lingue, organizza i discorsi, mette in scena gli eventi e dà voce alle intenzioni dei parlanti, in un’ininterrotta interazione con il lavoro della mente e il contesto ambientale.” Spiega poi che il termine “grammatica” ricopre due ambiti distinti, molto meno ovvi di quanto si pensi: il complesso apparato interno, prodotto dell’evoluzione e della cultura, che guida il comportamento linguistico, come pure la disciplina che lo studia.

Dopo aver letto la “Premessa” mi è venuto in mente un film di Indiana Jones. Dopo i primi tre spettacolari e avvincenti minuti di film, mi sono detto:” Speriamo che duri una decina d’ore.”

Ebbene, il seguito del libro è andato molto oltre le attese suscitate dalla “Premessa”. 

Ecco una piccola, parziale, anzi parzialissima, lista di concetti e temi trattati nel libro: la Grammatica Implicita in relazione alla Grammatica Esplicita; la Grammatica Superficiale e la Grammatica Profonda; la straordinaria rappresentazione della grammatica come un arcipelago, formato da poche isole grandi e un gran numero di isolotti, a distanze diverse dalle isole principali e tra loro, con una rete di scambi interni. Col tempo il bordo di alcuni di questi isolotti vengono erosi, subendo cambiamenti di forma o addirittura la scomparsa di porzioni di territorio; all’opposto, nuovi spuntoni di terra possono affiorare; per non parlare delle parole sintagmatiche, dei nomi pieni e dei nomi leggeri, delle implicature; la comparazione dei fenomeni linguistici tra lingue diversissime, un caleidoscopio inimmaginabile, dal latino al cinese, dal turco al  TAY BOI, pitgin francese del Vietnam; l’analisi, nel capitolo “Nella cassetta degli attrezzi”, di elementi grammaticali di cui  pensavo di saperne abbastanza, come gli articoli, i verbi essere e avere, gli aggettivi, ed altro. 

Sono sicuro che quello che ho scritto sopra non rende appieno il profumo dell’opera. Termino dunque con le parole del critico della Treccani: Al lettore il piacere di andare oltre il “profumo”. 

Un ultimissimo consiglio pratico ai lettori che amano sottolineare le parti da ricordare: fatelo alla seconda o alla terza lettura, altrimenti correte il rischio di sottolineare tutto il libro.

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