Come nasce la moda italiana
La moda in Italia oggi vale 86,7 miliardi di euro. Vale la pena sapere come nasce un settore così importante economicamente e così rappresentativo dell’immagine italiana nel mondo grazie alla creatività, al gusto e alle capacità artigianali che ne hanno decretato il successo. Ma è anche una curiosità per tutti noi, donne e uomini, che ci presentiamo agli altri con vestiti, scarpe e accessori che raccontano di noi: che sia per la semplicità o la ricercatezza, per l’armonia o il contrasto, quello che indossiamo in qualche modo ci rappresenta.
È il 1935 quando il Fascismo crea l’Ente Nazionale della Moda a Torino, ma senza successo perché il mercato italiano non è sufficiente per far decollare il settore. L’Italia di quel tempo è un paese socialmente arretrato; i paesi più avanzati, la Francia e l’Inghilterra, oltre ad essere nemici politici sono molto più avanti nel campo della moda. Restano gli Stati Uniti con i quali non ci sono condizioni politiche molto favorevoli, ma il successo di Salvatore Ferragamo (giovanissimo calzolaio che dall’Italia era emigrato negli USA, nel 1923, e grazie al suo talento era diventato in pochissimo tempo il “calzolaio delle stelle” del cinema americano) indica la strada da seguire.
Torino, Milano, Roma.
Dopo la seconda guerra mondiale molte cose cambiano. Il 6 ottobre 1946, quattro mesi dopo la caduta della monarchia, il Palazzo Reale di Torino riapre per ospitare la 1° Mostra Nazionale dell’arte della Moda che mette in relazione l’industria tessile italiana, una delle principali forze economiche del paese con le sue lanerie e seterie soprattutto al nord, e la moda.
Ma nel 1949 a Milano si fonda il Centro Italiano Moda. Torino e Milano entrano in competizione.
Il 1949, però, è anche l’anno fantastico della moda romana grazie a un matrimonio. Due stelle americane come Tyron Power e Linda Christian si sposano a Roma con abiti disegnati per lei dalle sorelle Fontana e per lui dalla sartoria Caraceni. I riflettori di Hollywood sono tutti rivolti verso la moda romana che negli anni successivi avrebbe avuto il cinema americano come principale sponsor. Grazie a questo si crea a Roma il Comitato della Moda. La competizione con Torino e un’alleanza non sicura con Milano non permettono comunque a Roma di realizzare tutto quello che avrebbe voluto.
Firenze
Di questa situazione approfitta il conte Giovanni Battista Giorgini, aristocratico toscano e acuto uomo d’affari che era riuscito, come esportatore, a promuovere l’artigianato italiano e a creare un ponte fra gli artigiani italiani d’eccellenza e l’America. Nel gennaio del 1951 Giorgini organizza, nella sua villa di Firenze, la prima sfilata di Alta Moda italiana per alcuni compratori americani e influenti giornaliste corrispondenti per Harper’s Bazaar.
180 sono i vestiti di alta sartoria presentati da 13 case di moda di cui 6 sono romane, comprese le sorelle Fontana. La presentazione degli abiti è accompagnata dalla mostra degli accessori: maglieria, scarpe, borse, cappelli e gioielli. I compratori americani sono entusiasti e i giornali danno grande risonanza all’evento. Sei mesi dopo, luglio 1951, la seconda edizione della manifestazione presenta 700 abiti e i compratori presenti sono 300. Dal 1952 le sfilate passano a Palazzo Pitti dove si fanno ancora oggi. Giorgini intuisce anche l’importanza del cambiamento della società per il settore moda e spinge ad aprire Palazzo Pitti alla moda pronta, al prêt- a- porter. A Roma non piace molto l’idea e comincia a organizzare le sue sfilate di Alta Moda. Di conseguenza si crea una specie di divisione dei compiti: Roma si dedica all’Alta Moda, che significa esclusività, un vestito è un pezzo unico; Firenze alla moda-boutique, che è seriale: quel vestito è in più misure, ma resta un prodotto artigianale; Torino e Milano all’abito di confezione, che è un prodotto industriale. Al nord infatti si uniscono la presenza di una forte industria tessile e la tradizione di confezioni fino ad allora di uniformi.
Ciò che ha reso possibile il successo della moda italiana è la grande qualità di un artigianato diffuso in tutto il territorio e il basso costo della manodopera, la raffinatezza e la creatività degli aristocratici italiani che in maggior numero si sono occupati del settore ai suoi inizi, la visione idilliaca che l’Italia offriva attraendo un turismo certo non solo americano. Roma e Firenze avevano un grande fascino: se Roma oltre alla storia e alla bellezza poteva contare sull’attrazione di Cinecittà, cioè del cinema, Firenze aveva una tradizione di stretti rapporti con il mondo anglosassone, la Toscana era un forte richiamo.
Nel tempo sono stati tanti gli stilisti italiani che con le loro creazioni, il loro gusto per il bello e la qualità hanno conquistato il cuore e il mercato. E davvero tanti gli italiani che hanno vinto l’Oscar della moda, il Neiman Marcus Award: a cominciare da Elsa Schiaparelli nel 1940, Ferragamo nel 1947 e 1967, poi Pucci, Roberta di Camerino, Valentino (bellissimo il vestito di Valentino che Julia Roberts indossa quando ritira l’Oscar per “Erin Brockovich” nel 2001), Missoni, Armani per i vestiti indossati da Richard Gere in ”American Gigolo”, Prada. Fino a Brunello Cucinelli che ha ricevuto il N.M. Award per il 2023. Ed è difficile trovare chi non ha mai sentito parlare di Dolce & Gabbana, Versace, Fendi… La lista sarebbe troppo lunga e non farei giustizia neanche ai giovani stilisti emergenti menzionandone solo alcuni.
Oggi è Milano la capitale della moda italiana e internazionale in quanto, con Parigi, Londra e New York, è tra le quattro città più importanti al mondo in questo settore.