Apriamo il vocabolario della lingua italiana Treccani. Troviamo:
casanova: uomo dedito alle avventure amorose, gran conquistatore, seduttore privo di scrupoli;
latin lover: gli uomini con particolari doti di galanteria, di fascino e di virilità; in particolare con riferimento agli uomini dei paesi latini, cui tradizionalmente si attribuiscono tali qualità;
dongiovanni: corteggiatore di donne galante e intraprendente.
Giacomo Casanova, nato a Venezia il 2 aprile 1725 e morto a Duchcov (oggi Repubblica Ceca) il 4 giugno 1798, sarebbe oggi molto irritato nel trovare il suo nome scritto con la lettera minuscola associato a un personaggio teatrale (dongiovanni) e a uno stereotipo (latin lover). Considererebbe questa fama di grande seduttore e conquistatore di donne molto riduttiva. Avrebbe certamente preferito essere invece ricordato come “intellettuale veneziano del 700, letterato, pubblicò in vita 43 opere complete e ha lasciato una quantità immensa di lettere e documenti su argomenti eterogenei”.
Una puntualizzazione sulla figura di seduttore: un illustre scrittore italiano, Piero Chiara, studiando a fondo la sua immensa autobiografia (circa 5000 pagine!) si è preso la briga di contare (!) le conquiste di Casanova. Dunque, considerando che la sua prima esperienza amorosa avvenne a 18 anni e che gli ultimi 13 anni di vita li trascorse più o meno in solitudine come bibliotecario ospite in un castello, si ricava che la sua ‘carriera’ di dongiovanni durò 42 anni. In questo periodo, nella sua autobiografia, le donne conquistate e menzionate sono 116. Un numero ragguardevole, ma è una media di meno di 3 donne sedotte all’anno. Maturi bagnini della costa romagnola sorriderebbero.
Ma allora perché la fama di quest’uomo si fa risalire all’unico argomento di ‘grande seduttore’?
Bisogna tornare alla sua autobiografia. Un’opera immensa. Una biografia che certamente contiene e descrive le sue avventure amorose, raccontate a volte con particolari scabrosi. Ma c’è molto di più. Anzi, questo libro è un ritratto eccezionale del Settecento, un secolo molto lontano dalla nostra mentalità. Casanova è stato un grande viaggiatore, ha visitato in lungo e in largo tutta l’Europa, ha incontrato personaggi anche molto famosi, ha vissuto situazioni pericolose, ha truffato, è stato in prigione, è evaso, è stato ricco, ha sperperato grandi quantità di denaro sui tavoli da gioco, è stato un diplomatico, una spia. Insomma un avventuriero come ce n’erano in grande numero a quei tempi. Ma si distingue nettamente da tanti altri personaggi poco raccomandabili. Prima di tutto è riuscito a morire di vecchiaia e non di morte violenta o in prigione come molti altri avventurieri; inoltre, pur non avendo alle spalle studi regolari, era capace di sostenere discussioni con persone di alto livello culturale e sociale, sapeva di matematica, di filosofia, di medicina. Seduceva con la sua oratoria, era un logorroico e lo aiutava anche la sua imponenza fisica: era molto alto, circa un metro e novanta.
Ma torniamo alla domanda iniziale: perché la sua biografia, pur ricca di svariati argomenti, è ricordata soprattutto per l’elemento scabroso, le conquiste amorose. Molto semplice: per ragioni, si direbbe oggi, di marketing. Fu stampata nell’Ottocento, un secolo, confrontato al Settecento, abbastanza bigotto e puritano. E dunque quale argomento poteva funzionare meglio per spingere la vendita dell’autobiografia di Casanova se non quello della descrizione e della scabrosità delle sue avventure amorose? Anche se il libro fu ‘depurato’ delle parti ritenute oscene, quanto rimaneva alimentava la curiosità di chi voleva sapere come vivevano quei libertini del Settecento, in particolare a Venezia. E le vendite lievitavano. Di questo Casanova sicuramente se ne sarebbe rallegrato: era ambizioso, aspirava alla gloria letteraria, per garantirsi un pubblico più ampio aveva scritto la sua biografia in francese.
Negli ultimi decenni la figura di Casanova è stata studiata e inquadrata in una prospettiva più ampia e completa, riconoscendo alla sua autobiografia il valore documentale e storico che merita. Un personaggio, Casanova, che ai nostri giorni, secondo il nostro metro di giudizio, sarebbe certamente ospite in qualche istituto penitenziario. Tutti gli storici sanno però che è anacronistico giudicare applicando schemi mentali attuali a personaggi e situazioni del passato. Difficile sfuggire al fascino di questo avventuriero. Fellini, pur detestandolo (lo considerava “uno str… fascista”) ha girato sulla sua vita uno dei suoi più originali e discussi film, cogliendo forse il tratto più profondo e intimo dell’uomo Casanova: la sua tragica solitudine.
Un episodio fra cronaca e leggenda per capire l’eccezionalità del personaggio. Casanova si intendeva ovviamente anche di musica e aveva un amico, che come lui e forse più di lui poteva vantare una carriera di grande seduttore. Si chiamava Lorenzo Da Ponte. Chi sa qualcosa di opera lirica lo conosce benissimo: era il librettista di Mozart, metteva il suo talento letterario al servizio del divino musicista per far parlare i personaggi delle sue opere. A Praga, alla prima rappresentazione del Don Giovanni di Mozart, Da Ponte non era presente. Ma in platea era presente un certo Giacomo Casanova, che stava trascorrendo l’ultima parte della sua vita in un castello vicino, impiegato come bibliotecario: come risulta da una sua lettera autografata, sembra che abbia anche dato alcuni suggerimenti a Mozart riguardo ad un’aria dell’opera. Mozart, Don Giovanni, Casanova: la Storia a volte si diverte a creare incroci stupefacenti.