8 Febbraio 2025
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Sul sito web c’era scritto “Ispettore Ivo Congiunti”, cosa abbastanza curiosa dato che il signor Congiunti non era un poliziotto. Perché “Ispettore” allora? “Perché io ispeziono” rispondeva Ivo Congiunti a chi lo interrogava sul suo titolo. “Ispeziono la lingua italiana, gli equivoci e le situazioni spiacevoli che ne conseguono, che sono i motivi per cui i miei clienti si rivolgono a me. E quando non lavoro ad un caso specifico, mi piace comunque scoprire aspetti meno conosciuti della nostra bellissima lingua.”

Era un martedì mattina di inizio autunno, quelle giornate in cui è difficile scegliere quale giacca usare, perché il timido sole non offriva abbastanza garanzie sulla temperatura durante il corso della giornata. Fortunatamente per l’ispettore Ivo Congiunti tutto ciò non rappresentava un problema, dato che lui lavorava da casa, nel suo ufficio stracolmo di libri fino al soffitto, su tutte e quattro le pareti. Uniche eccezioni: lo spazio per la porta, e la finestra davanti alla quale aveva messo la sua scrivania, per poter guardare fuori ed essere investito dal sole mattutino. Pur lavorando da casa, l’ispettore non rinunciava a mettersi nei consueti abiti da lavoro: camicia bianca coperta da un gilet marrone, e dei pantaloni in tinta con il gilet che lo facevano sembrare ancora più anziano di quanto la barba bianca potesse suggerire. Seduto alla scrivania, cominciò ad eliminare le e-mail pubblicitarie che si erano accumulate durante la notte: “VINCI UNA CROCIERA AI CARAIBI!” diceva un’email. “COMPLIMENTI, HAI VINTO 100.000.000 DI EURO!”, titolava un’altra. L’ispettore selezionava ed eliminava tutte le mail scritte in maiuscolo e che terminavano con un punto esclamativo, quasi frastornato dal rumore, come se quei titoli delle e-mail stessero gridando nei suoi orecchi.

Per fortuna però si fermò appena in tempo quando un’altra mail, il cui titolo terminava con un punto esclamativo, si rivelò non essere pubblicità, ma un cliente in carne ed ossa che chiedeva il suo aiuto. “Mi aiuti, la mia Vespa è sparita!” era l’oggetto della e-mail. L’ispettore Ivo Congiunti aprì l’e-mail e cominciò a leggere.

“Egregio Ispettore Ivo Congiunti, 

Le scrivo questa e-mail perché mi vergogno di chiedere aiuto a mia moglie, o ancor peggio di telefonare alla polizia… Lei è l’unica persona che può aiutarmi! La prego mi chiami al numero qui sotto. La ringrazio! Cordiali saluti, Gianni Ferresi”

L’ispettore lavorava così. Sul sito non c’erano numeri di telefono, solo il suo indirizzo e-mail, così che lui potesse prima leggere di cosa si trattava, e solo allora decidere se il caso lo interessava abbastanza per iniziare il lavoro investigativo. Questa e-mail, così povera di informazioni, offriva pochi spunti… Ma un verbo, “mi vergogno”, lo aveva intrigato. Il suo lavoro era aiutare le persone a superare equivoci, problemi e, perché no, anche la vergogna di ammettere che non si è capito bene. L’ispettore Ivo Congiunti afferrò il telefono e chiamò il signor Ferresi.

– “Pronto?”

– “Pronto, buongiorno signor Ferresi, sono l’ispettore Ivo Congiunti”

– “Ispettore! Grazie mille per avermi richiamato. Sono disperato.”

– “Si figuri. Mi spieghi bene la situazione.”

– “Certo. Allora… Ieri mattina c’era un traffico inaudito in centro. Sarei dovuto arrivare alle in ufficio alle 8:00, mentre alle 8:45 ancora non avevo trovato un buco dove parcheggiare… neanche lo spazio per una Vespa poi, che non è molto grande! In preda alla disperazione, ho parcheggiato in una viuzza a quasi un chilometro dall’ufficio, dove non avevo mai parcheggiato, e una volta ricevute rassicurazioni dal portiere del palazzo davanti al quale avevo parcheggiato, sono corso al lavoro. Nel tardo pomeriggio, quando sono tornato a prendere la Vespa, non c’era più. Né la Vespa, né il portiere, e non sapevo a chi chiedere informazioni. Ero stremato dopo una giornata terribile, e ho deciso di tornare a casa in autobus e non dire niente a mia moglie. Dopodiché ho scritto a lei, ispettore.”

– “Capisco” rispose l’ispettore Ivo Congiunti, prendendosi una pausa per digerire tutti gli elementi del racconto. “Lei è in ufficio ora?”

– “No, ancora no.” rispose il signor Ferresi.

– “Ho capito. Glielo chiedo perché se fosse stato in ufficio l’avrei incoraggiata ad andare a parlare con il portiere, che forse questa mattina è di nuovo al lavoro. Ma allora proviamo ad analizzare lo scambio che ha avuto con lui ieri. Si ricorda cosa vi siete detti?”

– “Beh,” iniziò il signor Ferresi “in realtà è successo tutto molto rapidamente… Ho solo chiesto se si potesse parcheggiare lì, e lui ha escluso categoricamente che ci fossero problemi. Quindi non so…”

– “Ho capito, ma forse prima di chiamare la polizia e denunciare un furto potremmo trovare la soluzione, mi dica: ricorda esattamente le parole che ha usato con il portiere, e cosa ha risposto lui?”

– “Sì, io ho chiesto esplicitamente ‘posso parcheggiare qui, oppure la devo spostare?’… E il portiere mi ha risposto ‘Ma le pare?’. Quindi io, sollevato, ho legato il casco e mi sono precipitato in ufficio!”

– “Signor Ferresi… A me sembra ovvio cosa sia successo… Lei ha pensato che la risposta ‘Ma le pare’, ovvero un ‘assolutamente no’, si riferisse alla seconda parte della sua domanda ‘la devo spostare?’. Mentre a me pare evidente che il portiere avesse risposto alla prima parte della sua domanda, ‘posso parcheggiare qui?’. 

– “Oh cavolo, ha ragione… Dev’essere questa la spiegazione! Ma allora cosa faccio ora?”

– “Se io fossi in lei, tornerei in quella viuzza. Una Vespa non è una macchina, non è necessario rimuoverla con un carro attrezzi, è possibile che sia stata d’intralcio e il portiere abbia provveduto a spostarla a mano, poco più in là. Se poi non fosse così, ho paura che dovrà contattare la polizia.”

– “La ringrazio ispettore, allora farò quest’ultimo tentativo! Le farò sapere via mail!”

L’ispettore Ivo Congiunti aveva appena chiuso il frigorifero per uno spuntino di mezza mattinata, quando il computer emise un suono di notifica: era una nuova e-mail. Camminando rapidamente verso l’ufficio con un piatto in mano su cui aveva messo il suo panino, l’ispettore sperava che fossero notizie dal signor Ferresi. Si mise seduto, inforcò gli occhiali, e con la testa chinata all’indietro lesse l’ultima mail arrivata. Era il signor Ferresi. Non aveva scritto nulla, se non un “Grazie!!!” e una foto allegata. Nella foto c’era una Vespa gialla, parcheggiata sotto il portico di un palazzo, insieme ad altri scooter e biciclette. Accanto alla vespa, sorridente, c’era un uomo basso, dalla faccia simpatica, con una scopa in mano e l’altra mano appoggiata sul fianco, contento di essere fotografato.
“Ma che brava persona questo portiere” pensò tra sé e sé l’ispettore Ivo Congiunti, mordendo soddisfatto il suo panino.