La fabbrica dell’aria

Stefano Mancuso è un botanico, saggista, docente universitario e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze. Il suo non è un nome molto conosciuto al grande pubblico, ma è uno scienziato di prestigio mondiale ed è indicato come una delle persone che cambieranno la nostra vita. Grande studioso della vita vegetale ha contribuito a cambiare radicalmente la nostra percezione delle piante. Una delle caratteristiche di Mancuso è quella di essere capace di ottenere dai suoi studi dei risultati di carattere pratico che sembrano l’uovo di Colombo. Ne è un esempio la sua Fabbrica dell’Aria.

Un dispositivo che depura gli ambienti con l’aiuto della vegetazione. Ecco la sua spiegazione: «Le piante sono straordinariamente brave a degradare i composti organici volatili in anidride carbonica e acqua. Il nostro brevetto consente di aspirare l’aria inquinata a livello delle radici. La pianta l’assorbe e la rilascia, purificata, dalle sue foglie». Questa sorta di serra interna è già in uso in varie grandi imprese, mentre è allo studio una variante per case private, per un elemento da 1,5 metri cubi sufficiente per purificare un appartamento da 100 metri quadrati.

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Se quanto appena descritto vi sembra ben poco per considerare Mancuso uno scienziato per alcuni versi rivoluzionario, proviamo a cambiare prospettiva, allarghiamo lo sguardo al mondo intero. La Fabbrica dell’Aria di Mancuso ha l’obiettivo di depurare l’aria di ambienti interni: come possiamo agire per purificare l’aria esterna, l’aria inquinata che circonda la nostra terra, che è all’origine del famigerato effetto serra, che a sua volta scatena eventi disastrosi?

“Si muore di caldo”, ecco la frase sempre più frequente nel periodo estivo, specialmente nelle grandi città. Un’esagerazione? Purtroppo no. Ecco un dato pubblicato dalla prestigiosa rivista Nature Medicine: “Tra il 30 maggio e il 4 settembre del 2022 sono morte in Europa per il caldo 61.000 persone.” L’Italia detiene il triste primato di 18.010 morti.

Si parla tanto di clima impazzito, assistiamo a catastrofi naturali anche in zone dove mai erano avvenuti tali disastri. L’espressione “catastrofe naturale” però è alquanto impropria. Quello che accade non si può addebitare alla natura nella sua totalità. Anzi, la maggiore responsabilità è da attribuire all’uomo, che continua a sviluppare una modalità di vita sociale sempre più malsana, con megalopoli invivibili e strade e piazze ricoperte di asfalto. Un modello di sviluppo che sembra inesorabile e senza alternative.

È già successo in passato. Il tremendo impatto di un asteroide con la terra causò l’estinzione dei dinosauri. Il paradosso dei nostri giorni lo ha spiegato bene Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu. Riferendosi al rischio di estinzione ha affermato che “…noi oggi non siamo i dinosauri, noi siamo l’asteroide, noi umani non siamo in pericolo, siamo il pericolo.”

Ma un’alternativa va trovata se non vogliamo rischiare che questa misera percentuale di umani (zero virgola qualcosa del totale in natura) si estingua.

Il mondo non corre il rischio di finire con la fine di noi umani. Le piante, quasi il novanta per cento degli organismi viventi in natura, troveranno un modo per sopravvivere a questa distruzione.

Semplifichiamo: nelle nostre case i condizionatori d’aria mantengono la temperatura ad un grado accettabile, mentre fuori l’afa è soffocante. In natura questa funzione è svolta dalle piante, dagli alberi. Non è necessario essere scienziati per capirlo, basta sedersi sotto un albero e godersi la frescura. Queste meravigliose ‘macchine’ naturali immagazzinano anidride carbonica e ci restituiscono aria depurata. Dunque se vogliamo salvarci dobbiamo avere a disposizione tutti gli alberi che ci servono per mantenere e avere una temperatura accettabile. E ci sono studi che hanno anche calcolato il numero di alberi necessari per sopravvivere: mille miliardi. Non sono fantasie di romantici amanti della natura, ma calcoli di scienziati che ci dicono che se la terra continua a riscaldarsi al ritmo attuale la terra, la natura ci presenterà un conto salato, molto salato. Piantiamo alberi, dunque, dove è possibile e anche dove oggi non ci sembrerebbe possibile. 

Per esempio nelle città, ci dice Mancuso. Ovviamente bisogna proteggere le foreste che esistono e impedire la deforestazione. Ma sono le città le zone nevralgiche dove bisogna intervenire presto. Dice Mancuso: “Reinventiamo le città: cancelliamo le strade, al loro posto migliaia di alberi”. Per Mancuso basterebbe per ora riconvertire il 20% delle strade e piazze. A qualche piccolo disagio iniziale ci si adatta presto. Il punto è che è assolutamente necessaria una robusta cura ricostituente a base di clorofilla e ossigeno per fare respirare le città. E noi. E continua Mancuso: “Molti diranno che è impossibile rinunciare ad alcune strade per destinarle agli alberi, ma non è così. Ricordiamoci che c’è stato un tempo in cui le auto potevano arrivare ovunque, anche nelle piazze storiche. Per fortuna le cose sono cambiate: oggi non ci sono più auto all’ombra del Duomo di Milano o in piazza del Popolo a Roma”. 

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