22 Aprile 2025
steve-johnson-5Z9GhJJjiCc-unsplash
Quando si studia una lingua straniera uno degli scogli più grandi è capire la lingua orale.

Quando si studia una lingua straniera uno degli scogli più grandi è capire la lingua orale.

La frustrazione di non capire la lingua parlata è uno stato d’animo che gli studenti conoscono bene.  Quando un insegnante di lingua straniera fa ascoltare un brano in cui due persone parlano normalmente la lingua da studiare, spesso la prima reazione di molti studenti è: “Non ho capito niente”. Se l’insegnante è sicuro di sé ed è convinto del fatto che più ascoltano e più capiscono, fa ascoltare il brano una seconda volta. Dalle espressioni facciali e dal movimento di teste che annuiscono vede che molti di loro hanno capito qualcosa di più della prima volta. Nonostante questo, ancora molti studenti restano dell’opinione di non aver capito niente. Perché? Quali sono i meccanismi mentali che li spingono a declassare a “niente” quello che hanno capito?

Scrive Christopher Humphris, grandissimo formatore di insegnanti e profondo conoscitore dei processi di apprendimento, in un articolo in cui riflette sul concetto di comprensione: “… Siamo alle prese con un’accezione assoluta del concetto, come se la comprensione fosse un fenomeno dicotomico (o si capisce o non si capisce). Ora, l’esperienza umana non è tale.  La comprensione è prima di tutto soggettiva: ogni persona capisce alla propria maniera. Secondo, la comprensione è una questione di grado: si capisce un po’, si capisce abbastanza bene, si capisce molto bene, ecc.”  Gli insegnanti di lingua italiani che hanno avuto la fortuna di avere Christopher Humphris come formatore concentrano i loro sforzi nel far abbandonare agli studenti quello schema mentale che riduce la comprensione a due categorie: capire tutto/non capire niente. Uno schema mentale polarizzato tra due estremi, una semplificazione della realtà che non riproduce assolutamente la realtà, una dicotomia che paralizza la possibilità di sviluppare una migliore comprensione.

Non bisogna pensare che fenomeno dicotomico, oppure pensiero dicotomico siano espressioni sofisticate, usate soltanto da specialisti della teoria linguistica.

Si tratta di espressioni che descrivono modi di pensare, tendenze o fenomeni che ci appartengono, fanno parte del nostro modo di pensare, che determinano le nostre scelte. Scegliamo quello che per noi ha una valenza positiva e scartiamo ciò che ci sembra negativo, nocivo. 

Però una persona consapevole della complessità del mondo e delle cose umane quando deve fare una scelta non prende in considerazione soltanto i due estremi di una questione, ma si impegna a valutare possibili variabili, considera sfumature diverse, riflette su possibili alternative. È un modo di pensare, di agire che prende più tempo, che obbliga a pensare, che rifiuta le risposte sbrigative. Chi rifiuta uno schema ridotto a due estremi ha una visione della realtà più aderente alla realtà stessa. Una realtà con mille sfumature, mille complessità. Insomma il mondo com’è veramente.

Sembra, purtroppo, che questa tipologia di persona pensante, consapevole, matura non rappresenti, ai giorni nostri, la maggioranza.

È in preoccupante aumento il numero di persone che per decidere applicano quello che gli inglesi chiamano il “black and white thinking”, pensiero in bianco e nero.

Una cosa o è bene o è male, o si ama o si odia, con me o contro di me. Tutto è ridotto a due categorie, una con il segno più e un’altra con il segno meno. In conflitto fra di loro. Schemi mentali rigidi condizionano scelte, opinioni, decisioni in campi svariatissimi. 

Non è un fenomeno nuovo. Leggiamo cosa ha scritto Gustave Le Bon, antropologo, nel 1895 (!): “In tutti i partiti, specialmente nei popoli latini, si riscontra una tendenza invariabile a risolvere i più complicati problemi sociali coi più semplici principii astratti”. Due annotazioni: la prima è che per rendere valida ancora oggi la citazione basta togliere “specialmente nei popoli latini”, la seconda che non è un caso che i testi di Le Bon abbiano avuto come attenti lettori Hitler e Mussolini. Con i risultati che conosciamo.

I colori del mondo, dell’uomo, della vita non sono soltanto il bianco e il nero. Decidere bianco o nero può dare l’illusione di rapidità e concretezza, ma appiattire, semplificare non può eliminare la molteplice varietà del mondo e dell’uomo.

Il bianco e il nero sono soltanto i due poli di un infinito, meraviglioso arcobaleno.