
Un paradosso: “Pinocchio” è ancora oggi il libro italiano più tradotto al mondo, si parla di 260/300 lingue. Collodi, l’autore del libro, è dunque lo scrittore italiano più letto al mondo. Ebbene questo libro, nelle scuole italiane, non si legge, né tanto meno si studia. Pinocchio nei libri di Storia della Letteratura Italiana trova pochissimo spazio, poche righe per definirlo un ‘libro per bambini’. Ma forse è un bene che non sia inserito nei programmi scolastici, che non sia un libro che si deve leggere obbligatoriamente. Ancora oggi, dopo più di 140 anni dalla sua prima stampa, la sua popolarità è intatta. Italo Calvino, che di fiabe se ne intendeva molto, disse a proposito di Pinocchio: “Una favola capace di sopravvivere indenne ai mutamenti del gusto, delle mode, del costume senza mai conoscere periodi di eclisse e di oblio”. Un capolavoro che, come tutti i capolavori, non teme l’usura del tempo perché evidentemente le vicende del burattino/bambino riguardano tutti noi. Non si tratta di una dolce favola che ha una consolante morale finale. È la storia di un bambino che, seppure di legno, è curioso, vive storie avventurose, anche spaventose, è capriccioso, dice bugie nonostante gli facciano crescere il naso, fa soffrire il suo povero papà.
Ma, allora, perché continua ad essere così amato?
Pinocchio è amato perché vuole affacciarsi alla vita, vuole essere libero, anche a costo di sbagliare, non vuole essere condizionato da chi gli dice cosa è bene e cosa è male, anche se i consigli gli arrivano dal ‘papà’ falegname, di cui comunque si prenderà cura quando sarà diventato un bambino vero. La voglia di libertà, di indipendenza, il volere sperimentare in prima persona la vita, affrontare pericoli, sbagliare, cadere e poi rialzarsi: tutto ciò non appartiene forse alle esperienze intime, personali di tutti noi, di quando eravamo bambini?
I personaggi che Pinocchio incontra nelle sue varie avventure sono personaggi che nella vita reale ci accorgiamo di avere incontrato anche noi e questo è così vero che i nomi di questi personaggi sono entrati nella lingua italiana con le caratteristiche che hanno nel libro. Chi di noi non ha incontrato in vita sua un Gatto e una Volpe, cioè persone che hanno cercato di imbrogliarci, dei falsi amici? Oppure un Grillo Parlante, cioè quel tipo di persona che ha sempre pronta la soluzione per ogni tuo problema e te la offre in continuazione?
Di Pinocchio ha scritto anche Benedetto Croce, illustrissimo filosofo italiano: “Il burattino si rizza in piedi ed entra nella vita come uomo che intraprende il suo noviziato”. Questa parola, “noviziato”, è forse la chiave per capire l’identificazione che avviene tra il lettore e Pinocchio: le avventure del burattino sono il “tirocinio, il periodo di apprendistato della vita”. Così come ogni singola avventura di Pinocchio è una tappa che lo avvicina alla meta, diventare cioè un bambino vero, ognuno di noi ha attraversato, o sta attraversando se è un bambino, quelle esperienze che lo fanno diventare adulto.
Come tutti i veri capolavori, Pinocchio è un libro che affascina il lettore a prescindere dall’età. Se sei un bambino ti catturano le sue palpitanti avventure, se sei un adulto ti fa riflettere su chi sei stato e su chi sei adesso.


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