L’insegnante che vorrei

L’insegnante che vorrei ama il suo lavoro e mi accoglie con un sorriso.

Fin da subito cerca di memorizzare il mio nome anche se ci sono altri studenti nuovi nella classe, e fa lo stesso con i loro nomi. Quando l’insegnante mi chiama per nome significa che riconosce la mia identità e questo mi crea benessere. Poi deve essere curiosa/o delle persone e quindi cercherà di conoscere il più possibile i suoi studenti per capire alcune cose fondamentali per il successo del suo corso. 

Poiché in questa rivista parliamo di studiare una lingua, l’insegnante dovrà scoprire perché la studio, come ho imparato quello che so, di cosa esattamente ho bisogno, che cosa mi piace e cosa no, se ho scadenze, esami o concorsi, urgenze di lavoro, o se voglio semplicemente conoscerla meglio e avere il piacere dello studio. 

Chiedo troppo? Penso di no. Quanto detto finora mi pare il minimo indispensabile. Un insegnante e scrittore italiano, Alessandro D’Avenia, dice che quando entra in una nuova classe ha la sensazione di trovarsi di fronte a una “biblioteca di inediti”, cioè tutti libri ancora da scoprire e da leggere. Una metafora bellissima. Ci deve essere la voglia di aprirlo, un libro, e di leggerlo. Un libro non si legge in un istante, per fortuna, ci vuole il tempo dell’approccio, la scoperta dello stile, delle storie o del sapere in esso contenuto e con un po’ di tempo  sappiamo cose che inevitabilmente ci arricchiscono. 

L’insegnante che vorrei ha questa visione: è sinceramente interessato ai suoi studenti, li guarda, si rivolge personalmente a ciascuno, in momenti diversi, e gli chiede come sta: così può sapere il perchè dell’espressione triste, della frustrazione, di qualche paura; o di qualche soddisfazione, orgoglio, contentezza. Quante informazioni per poter scegliere cosa fare in classe! Per poter decidere cosa proporre pensando a questo e quell’altro studente! E quanto fa bene allo studente sentirsi al centro dell’interesse dell’insegnante!

L’insegnante che vorrei mi chiede che cosa mi aspetto dalle sue lezioni, quale obiettivo vorrei raggiungere. Se lo so e glielo comunico creiamo un obiettivo comune, se non lo so la sua domanda mi porterà ad una maggiore chiarezza su cosa sto cercando. 

L’insegnante che vorrei sa quando essere presente e quando ritirarsi e lasciare autonomia avendo piena fiducia nelle capacità dei suoi allievi; rendere autonomi gli studenti è uno dei suoi primi obiettivi; sa anche come gestire lo spazio nella classe, sa chi far lavorare con chi e creare collaborazione. 

L’insegnante che vorrei mi spiega chiaramente che cosa devo fare e perché lo facciamo nel modo in cui lo propone, rendendomi consapevole di tutto il percorso.

L’insegnante che vorrei mi fa uscire dalla sua classe soddisfatto.

L’insegnante che sogno è quella/o che non fa solo “belle lezioni”, ma è la persona che vive con te un tempo che diventa esperienza, la persona che riesce a creare un altrove, e quando finisci hai ancora il sorriso stampato in faccia.

[A tutti gli studenti: se ho dimenticato qualcosa ditemelo, scrivendo a CONTATTI]

Potrebbero interessarti anche...