Il coraggio di giocare

Giocare in classe è una frase che suona del tutto naturale se ci si riferisce alla scuola materna.

Già alle elementari i bambini capiscono che la pacchia è finita e bisogna cominciare ad impegnarsi, a studiare. Da subito i piccoli studenti realizzano che studiare e giocare sono concetti antitetici. “C’è il tempo per giocare e c’è il tempo per studiare”. Questa frase sembra dettata dal più elementare buonsenso. Proviamo ad associare ai due concetti, studiare e giocare, delle immagini.

Studiare: serietà, concentrazione, immobilità, solitudine.

Giocare: movimento, divertimento, interesse, socialità.

Andiamo in una classe dove si studia una lingua.

È cosa universalmente risaputa che il peggior nemico dell’apprendimento in generale è la noia e chi si annoia impara lentamente (o per niente).

Al contrario, uno studente acquisisce meglio una lingua quando si dimentica che la sta imparando, per esempio quando è concentrato in un gioco. È una teoria formulata 40 anni fa dal linguista Krashen, si chiama Rule of Forgetting e nella mia lunga carriera non ho mai incontrato qualcuno che non fosse d’accordo.

In teoria.

Se da una parte si afferma che Il gioco dovrebbe trovare un posto importante nel fenomeno dell’apprendimento di una lingua, dall’altra bisogna constatare che il giocare in classe, o per dirla in modo più elegante l’attività glottodidattica ludica, incontra degli ostacoli. Per molti insegnanti l’attività ludica non ha la caratteristica di serietà che dovrebbe avere un’attività scolastica, viene dunque praticata come riempitivo, perdendo in questo modo dignità a fronte degli altri lavori scolastici. Questa considerazione da parte degli insegnanti viene ovviamente percepita dagli studenti, specie dagli adulti, che la vivono come una pausa, più o meno gradita, prima di riprendere il vero lavoro.

È un vero peccato.

Guardiamo con attenzione le caratteristiche che abbiamo elencato all’inizio.

Movimento: muoversi all’interno della classe sprigiona energie, rompe la staticità che provoca stanchezza fisica e diminuzione della concentrazione. Certo non è sempre facile far muovere gli adulti, ma se l’insegnante è il primo a dare l’esempio gli studenti lo seguiranno.

Divertimento: è l’elemento che porta con sé quella leggerezza che fa dimenticare la fatica dello sforzo intellettuale.

Interesse: è l’atteggiamento che dovrebbe caratterizzare ogni attività didattica. Riguardo al gioco questo atteggiamento permette di mantenere alta la concentrazione per tutta la durata del lavoro.

Socialità: è uno degli ingredienti che più contribuisce alla crescita dello studente. Lavorare con i compagni diminuisce lo stress, gli studenti si aiutano reciprocamente e si sentono più responsabili (sono i principi del Cooperative Learning)

Bisogna aggiungere un altro elemento assolutamente necessario per garantire la riuscita di un’attività ludica.

Serietà: l’insegnante deve essere arbitro rigoroso e inflessibile riguardo all’osservanza delle regole del gioco, che deve essere preparato nei minimi dettagli e immediatamente comprensibile da parte degli studenti. Se lo studente percepisce che dietro quel gioco che sta facendo c’è un’accurata preparazione svolta dall’insegnante, non esiterà un momento a buttarsi nel gioco. Specialmente se è un adulto (spesso in crisi, a volte inconsapevole, di astinenza).

La modalità ludica trova la sua più frequente applicazione nelle esercitazioni grammaticali, attività didattiche durante le quali gli studenti hanno bisogno di ripetere numerose volte l’elemento grammaticale sotto esame. Il gioco serve proprio per evitare che la concentrazione degli studenti diminuisca a causa delle ripetizioni, operazioni necessarie per far memorizzare ed acquisire il tema grammaticale dell’esercitazione. Ma il gioco trova una sua utile applicazione anche nella comprensione della lingua scritta, nella comprensione della lingua orale e per spingere lo studente alla scoperta della grammatica, con lavori di analisi grammaticale.

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