
Ho scoperto la storia di una donna italiana di cui non sapevo nulla. Il suo nome era Fernanda Wittgens. Il cognome chiaramente straniero si deve all’origine svizzera della famiglia del padre.
Nata a Milano nel 1903, ha sempre vissuto fino alla sua morte prematura nel 1957, nella sua città natale. Se durante la seconda guerra mondiale il patrimonio artistico di Milano è riuscito a salvarsi dai bombardamenti degli Alleati e dalle ruberie dei nazisti, gran parte del merito va a questa donna ancora poco conosciuta. Fernanda Wittgens è stata la direttrice della Pinacoteca di Brera: la prima donna in Italia a ricoprire la carica di direttrice di un importante museo o galleria d’arte.
L’amore di Fernanda per l’arte è davvero precoce e gran parte del merito va al padre, un professore di lettere che la domenica portava sempre i figli a visitare musei. La ragazza dà subito prova di viva intelligenza e interesse per lo studio: si laurea nel 1926 (una delle poche laureate di quegli anni) e comincia ad insegnare storia dell’arte. Un suo professore universitario la segnala al direttore della Pinacoteca di Brera, il quale la assume come sua collaboratrice. Situazione questa abbastanza strana e inusuale per quei tempi: le donne nell’ambiente dell’arte avevano scarsissime opportunità di lavoro, men che meno di fare carriera. Da notare che il suo contratto di lavoro definiva la sua posizione come “operaia avventizia”. Fernanda dimostra presto le sue capacità organizzative e la sua profonda conoscenza dell’arte, diventando in poco tempo il braccio destro di Modigliani, il direttore della Pinacoteca.
Il direttore Modigliani si era sempre rifiutato di prendere la tessera del partito fascista e pagò questo rifiuto con il trasferimento da Milano a l’Aquila. Per di più, essendo ebreo, nel 1938 gli fu tolto ogni incarico pubblico. Di fatto Fernanda Wittgens prese il suo posto alla Pinacoteca. Ma non dimenticò certo il suo maestro: fece pubblicare un libro di Modigliani e, poiché agli ebrei non era permesso di pubblicare libri, lo pubblicò con la propria firma.
Nel 1943 Milano fu bombardata dagli Alleati. La distruzione del grande patrimonio artistico fu evitata grazie al trasferimento delle opere d’arte in posti sicuri, come depositi delle banche o conventi fuori Milano. Un lavoro che la direttrice organizzò con grande coraggio, incurante dei pericoli. Pericoli rappresentati non solo dalle bombe che cadevano dall’alto, ma anche dalle ruberie dei nazisti che approfittando della situazione intendevano rubare tesori artistici e trasferirli in Germania.
Insieme alle opere d’arte Fernanda Wittgens salvò molti ebrei. Nei camion, dietro le casse contenenti le opere d’arte, spesso faceva nascondere ebrei che provavano a raggiungere il confine con la Svizzera e sfuggire la persecuzione fascista. Nel 1944 la sua attività fu scoperta e venne condannata a 4 anni di prigione. Fu scarcerata dopo sette mesi grazie ad un falso certificato medico.
Nel dopoguerra la Wittgens ha un ruolo fondamentale nella ricostruzione del museo e della sua riorganizzazione. Riesce ad innovare la funzione del museo ideando eventi che portano all’interno delle strutture museali categorie di persone che non erano frequentatori abituali, come bambini, disabili e pensionati.
Muore a soli 54 anni, privando Milano, e l’Italia, dell’opera di una donna di grandissimo talento organizzativo, di un’acuta e profonda critica d‘arte, di una donna che non venne mai meno ai suoi ideali di giustizia e solidarietà.
Consiglio la visione del film “Fernanda”, in cui viene raccontata in modo magistrale la vicenda umana di questa grande donna. Il film lo si può trovare su https://www.raiplay.it/programmi/fernanda .


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