Quando squillò il telefono, l’ispettore Ivo Congiunti aveva appena finito di pranzare. Attraversò tutto il corridoio dalla cucina allo studio per arrivare al telefono fisso, l’unico ancora in funzione in tutto il palazzo. Non poteva essere un cliente: quel numero di telefono era solo per familiari e amici. Per questo affrettò il passo e prese la cornetta dopo parecchi squilli.
- Pronto?
- Ivo! Ma stavi dormendo?
Era Ayumi, la sua vecchia amica giapponese che ormai si era trasferita in Italia da qualche anno. Si erano conosciuti più di trent’anni fa a un seminario sulla lingua italiana: lei studiava per cantare l’opera, lui era un linguista già in carriera.
- Ayumi, che piacere risentirti! Ma no, non dormivo, ho appena finito di mangiare, che mi racconti?
- Eh, niente, non ci vediamo da troppo tempo, pensavo di sentire se hai tempo e voglia di prenderci un caffè insieme!
- Ma certo! Mi devi anche raccontare com’è casa nuova, ho saputo che ti sei appena trasferita nel nuovo appartamento!
- Ecco, oltre al piacere di rivederti volevo parlarti proprio di questo… Facciamo domani mattina al solito bar?
- Va bene. Sarò lì alle 10:00, a domani!
- Perfetto, a domani!
L’ispettore attaccò, e si sedette dietro la scrivania. “In effetti non ci starebbe male un pisolino adesso” pensò tra sé e sé, guardando distrattamente i suoi fogli di appunti. Scorreva le pagine, ma non leggeva nulla. I tortellini con la panna cominciavano a farsi sentire. “Ma sì, cinque minuti sulla poltrona me li concedo”, disse Ivo Congiunti parlando ai libri che lo circondavano, ben cosciente che non si sarebbe svegliato prima di un paio d’ore più tardi.
L’indomani arrivò puntuale al bar, solo per vedersi battuto sul tempo da Ayumi, che lo salutava sorridente da lontano, già seduta al tavolino fuori con una tazza di tè fumante in mano.
- Buongiorno! Sempre in anticipo! – disse l’ispettore.
- Sempre. Meglio dieci minuti prima che dieci minuti dopo. – rispose Ayumi ripetendo una delle sue frasi preferite.
- Ti trovo bene! Come va la vita nel nuovo appartamento?
- Eh, va tutto bene, è davvero bello avere finalmente un po’ di vista fuori dalla finestra. E poi è un appartamento più centrale, praticamente vado a piedi ovunque.
- Bene, bene, mi fa piacere. – commentò l’ispettore – Ma allora cos’è che mi volevi dire a proposito di casa nuova?
- Beh, il fatto è che a casa ho dovuto fare dei lavori. La cucina è nuova, e anche l’ingresso è differente da com’era prima, l’ho fatto più piccolo per avere un salone più grande. Sono molto soddisfatta della ditta che ha fatto i lavori, hanno finito la settimana scorsa rispettando i tempi che mi avevano detto.
- Ah, allora sei fortunata! – intervenne Ivo Congiunti – Normalmente questi lavori prendono sempre più giorni del previsto!
- Sì, sì, assolutamente. Però ora in salone ho una parete enorme, molto lunga, e solo dopo i lavori ho deciso di dipingerla di un colore chiaro e caldo, come un giallo ambra, o senape chiaro. Non sapevo se dopo aver finito i lavori la stessa ditta potesse tornare per aiutarmi in questo lavoro decisamente meno profittevole per loro. Quindi li ho chiamati. E la risposta mi ha preoccupato.
- Che cosa ti hanno detto? – la incalzò l’ispettore.
- Quando gli ho chiesto se potevano tornare a dipingere una parete, il ragazzo al telefono mi ha avvertito che loro questi lavori li fanno “ad occhi chiusi”. Sono rimasta in silenzio, non sapevo cosa rispondere. La prima cosa che ho pensato è che fosse un modo di dire per un lavoro pagato senza fattura… Ma mi sembra poco professionale… Non intenderà mica letteralmente che dipingono tenendo gli occhi chiusi? Insomma, ho ringraziato e ho attaccato il telefono. Mi sono sentita come una principiante in italiano un’altra volta dopo tanti anni!
L’ispettore Ivo Congiunti fece di tutto per trattenere una risata. Ci riuscì in parte guardando verso il basso, e stringendo le labbra.
- Scusa se sorrido Ayumi, ma questa è una situazione molto comica. Innanzitutto quello che si intende in italiano per “fare qualcosa ad occhi chiusi” significa fare quella cosa con estrema facilità…
- Davvero?? Mamma mia che figuraccia… – lo interruppe Ayumi
- Ma no – la tranquillizzò l’ispettore – avranno sicuramente pensato che ti stessi prendendo un po’ di tempo per pensarci. Però l’altra cosa che ti volevo chiedere è questa: non avete lo stesso modo di dire in giapponese? Pensavo fosse abbastanza internazionale, come in inglese “to do something with one’s eyes closed”, il francese “faire quelque chose les yeux fermés”, o anche lo spagnolo “hacer algo con los ojos cerrados”.
- No, noi teniamo sempre gli occhi ben aperti! Abbiamo però un modo di dire che significa la stessa cosa: asameshi-mae!
- E come si traduce in italiano? – chiese Ivo Congiunti
- Significa letteralmente “prima di colazione”. Ovvero “una cosa talmente semplice che la fai ancora prima di fare colazione”.
- Fantastico – commentò l’ispettore – A proposito… Ora che il mistero è risolto, ordiniamo qualcosa da mangiare?
- Certo, però offro io! – sorrise Ayumi
