Una cosa “importante”

Viviamo un momento storico importante. Bisogna prendere decisioni importanti. 

Anche nella nostra vita privata dobbiamo affrontare situazioni importanti, proviamo emozioni importanti, ci preoccupiamo se il nostro conto in banca ha perdite importanti, facciamo programmi che prevedono sacrifici importanti.

Dopo aver scritto queste quattro righe ho un mal di testa importante.

Non se ne può più di questo aggettivo. 

Il suo uso, o per meglio dire il suo abuso, dilaga. Non c’è argomento che possa salvarsi, non c’è parola che non sia “decorata “da questo povero aggettivo. Uso la parola “povero” perché me lo immagino sfinito che cerca in tutti i modi di sparire dalla bocca di tutti, cercando di convincere i parlanti a usare qualche sinonimo più appropriato. Ma c’è poco da fare, usare importante fa “fine”. Se dici è un gol importante vuoi passare per un profondo conoscitore del calcio; se di una persona ricca affermi che ha un patrimonio importante la tua intenzione è far capire che hai informazioni ‘sensibili’ sul suo conto in banca; anche una malattia può essere importante e pronunci l’aggettivo neanche fossi un Nobel per la medicina.

Che peccato. Non ci accorgiamo che abusando di questa parola la nostra comunicazione peggiora, diventa piatta. Se tutto può essere “importante” il suo significato è sempre più diluito, perde corpo e si perde anche l’occasione di definire “importante” qualcosa che lo è davvero.

E ora, sentendomi in colpa voglio riparare. Riscrivo diligentemente:

Viviamo un momento storico difficile. Bisogna prendere decisioni impegnative

Anche nella nostra vita privata dobbiamo affrontare situazioni pesanti o rischiose, proviamo emozioni profonde, ci preoccupiamo se il nostro conto in banca ha perdite gravi, facciamo programmi che prevedono sacrifici dolorosi.

Ecco, dopo aver riscritto queste quattro righe mi è passato il mal di testa. E, per la mia salute mentale, ciò è importante (chiedo scusa, volevo dire essenziale, fondamentale, imprescindibile, vitale)

P.S. Segnali preoccupanti arrivano da una piccola, personale indagine sull’aggettivo “particolare”. Se ne fa un uso esagerato per trarsi d’impaccio nell’esprimere opinioni, pronunciandolo con una piccola pausa dopo il nome a cui si riferisce. Per esempio, di fronte a un vestito orrendo, “ha uno stile… particolare”, per definire l’autore di un quadro inguardabile “è un artista… particolare”, di un piatto appena assaggiato e indigesto “ha un sapore… particolare”. Anche se la voglia di non essere scortese può in qualche modo giustificarne l’uso, che “particolare” possa essere una nuova moda è un rischio importante (scusate, mi è scappato di nuovo, intendevo serio, grosso, considerevole, notevole).

P.P.S. A riprova che in italiano abbiamo abbondanza di sinonimi ecco, per sorridere, una finta notizia:

MOMENTO DI LEGGEREZZA
Un camion che trasportava migliaia di dizionari di sinonimi si è ribaltato in autostrada. 
I testimoni erano scioccati, sorpresi, sbalorditi, stupefatti, tormentati, stupiti, increduli, confusi, paralizzati, storditi, sconcertati, perplessi, meravigliati, attoniti, ammutoliti, stupefatti.

[da una pagina FB di “Fenomenologia della lingua – Parole e Modi di dire].

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