
La parola “pizza” è una delle parole più conosciute al mondo.
Tutti gli insegnanti di lingua italiana sanno che basta pronunciare la parola “pizza” nella loro prima lezione e anche lo studente più timido sorriderà.
La statistica dice che ogni italiano mangia mediamente 8 chili di pizza all’anno. È un business di decine di miliardi di euro.
Fino all’anno 2000 in Italia il pianeta della pizza era abitato da due categorie di consumatori, che litigavano fra di loro per decidere quale, fra quella napoletana e quella romana, fosse la pizza italiana più buona.
La pizza napoletana si presenta sottile, morbida e con il bordo rialzato.
La pizza romana è sottile e croccante, in dialetto romano si dice “scrocchiarella”.
Chiedere a una persona se è più buona la pizza napoletana o la pizza romana è come chiedere a un bambino se vuole più bene a mamma o a papà.
Le discussioni sono infinite, perché riguardano il gusto personale di ciascun consumatore e, come già dicevano gli antichi Romani, “De gustibus non est disputandum”, cioè i gusti sono soggettivi e non si discutono.
Ma all’inizio degli anni duemila nel mondo della pizza comincia il successo travolgente di una nuova pizza: la pinsa.
È un tipo di pizza che nasce a Roma e ha delle caratteristiche speciali. Ha una forma più ovale e, grazie ad un mix di farine diverso dalle pizze tradizionali, è croccante come quella romana all’esterno e sorprendentemente morbida come quella napoletana all’interno. Non solo: con gli ingredienti usati e il tipo di lavorazione dell’impasto si ottiene una pizza molto più digeribile, senza glutine, con meno calorie e colesterolo. Con queste caratteristiche è comprensibile il grande successo e la rapida diffusione, in Italia e all’estero, della gustosa e sana pinsa, preparata dai pinsaioli nelle pinserie.
Ora la discussione è: napoletana, romana o pinsa?
Vuoi preparare la pinsa a casa? Leggi la ricetta di “Giallo Zafferano” nell’Attività!


Attività
VERBI (INDICATIVO E IMPERATIVO), AGGETTIVI E PRONOMI
Livello intermedio
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