La Costituzione Italiana

Dopo la caduta del fascismo e la fine della Seconda Guerra Mondiale, il popolo italiano scelse, con il referendum del 2 giugno 1946, di diventare una repubblica. In quello stesso referendum furono eletti i rappresentanti dell’Assemblea Costituente che aveva il compito di scrivere la Costituzione della nuova repubblica. L’Assemblea, dopo approfondita discussione, approvò la Costituzione il 27 dicembre 1947 e quattro giorni dopo, il 1 gennaio 1948, la Costituzione Italiana entrò in vigore.

Gli esperti del settore hanno sempre definito la Costituzione Italiana come un modello per la costruzione di un paese democratico. E c’è chi, con grande enfasi, si spinge a definirla la più bella del mondo. Ma, lasciando da parte definizioni che rispondono forse ad esaltazioni campanilistiche, ci sono due aspetti della Costituzione che sono certamente uniche nel panorama giuridico mondiale.

La prima di carattere linguistico. L’Italia, immediatamente dopo la Seconda Guerra mondiale, non era soltanto un paese semidistrutto. Era anche un paese con un enorme problema di alfabetizzazione che riguardava i due terzi della popolazione. Consapevoli di tale situazione, i nostri padri Costituenti sono riusciti nell’impresa di scrivere la nostra legge fondamentale in una lingua chiara, lineare e comprensibile. Una lingua concreta che indica a ogni persona i suoi diritti e i suoi doveri, fissando con chiarezza l’obiettivo del nuovo vivere comune.  Così scrive la studiosa Benedetta Barbisan, grande esperta di materia giuridica: “…lunga circa diecimila parole, vale a dire le occorrenze dei poco più di 1.300 lemmi che vi compaiono – mille dei quali appartenenti al nostro vocabolario di base -, la Costituzione italiana si presenta come un testo giuridico chiaro e lineare, in qualche modo bello, con una media di 20-25 parole per frase contro le 120-180 della media delle leggi italiane…”. Ne sono un esempio chiarissimo i primi 12 articoli che illustrano i Principi Fondamentali.

Il secondo aspetto della Costituzione che suscita ammirazione è la lungimiranza, il saper vedere oltre la miserevole condizione del momento storico che gli italiani tutti stavano vivendo. Ne è un esempio lampante l’articolo 9, che dice: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. In un momento storico difficilissimo, caratterizzato da distruzione, povertà, fame e analfabetismo, nei Principi Fondamentali della Costituzione si parla di cultura, paesaggio e patrimonio artistico. Questi tre elementi costituiscono una ricchezza nazionale di cui tutti i cittadini sono titolari ed eredi, senza nessuna distinzione. Per legge. È chiara l’intenzione dei nostri Padri Costituenti di servirsi dello straordinario patrimonio artistico, monumentale e paesaggistico come strumento per promuovere l’uguaglianza e l’inclusione di tutti i cittadini e per raggiungere quell’unità nazionale di cui l’Italia aveva assolutamente bisogno.

Proteggere e tutelare un patrimonio artistico vastissimo come quello italiano è un’impresa veramente difficile. Ma l’Italia può vantare un’istituzione che gode dell’ammirazione di tutto il mondo. Denominato TPC (Tutela Patrimonio Culturale), è un corpo speciale dei carabinieri che ha il compito di recuperare le opere d’arte rubate e di impedire l’impoverimento del patrimonio artistico. Un anno dopo la sua fondazione, il 1969, l’Unesco raccomandò a tutti gli Stati membri di dotarsi di un organismo simile, riconoscendo dunque al nostro paese un primato di cui andare fieri.

Un video Rai Scuola interessante e accessibile, specialmente nei primi tre minuti, è presente a questo link per chi volesse approfondire: https://www.raiscuola.rai.it/educazionecivica/articoli/2021/01/Il-patrimonio-culturale-come-bene-comune-40c6f134-1b03-459a-a371-fed17bda31b6.html

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