Esiste una pittura femminile?
Di queste quattro nature morte due sono state dipinte da donne e due da uomini, nello stesso periodo storico e cioè fra la fine del 1500 e l’inizio del 1600․
Prima di continuare a leggere l’articolo potreste dire quali attribuite ad artiste e quali ad artisti?
Molte cose sto imparando e di molte divento consapevole seguendo il corso “Donne d’arte” in cui il tema delle donne nell’arte viene trattato in modo così interessante e vario che ho pensato di condividerne con voi alcuni spunti di riflessione․
Uno storico dell’arte italiano scrive che la natura morta, il ritratto e la miniatura sono generi artistici minori, rispetto alla pittura religiosa e storica․ Lo scrive su un articolo dedicato ad una delle due autrici* delle nature morte nelle foto sopra․ Va bene, non mi viene in mente nessun famoso autore o autrice di miniature, ma se penso alla “Canestra di frutta” di Caravaggio (natura morta) o alla “Gioconda” di Leonardo da Vinci (ritratto), davanti al quale tutti i visitatori del Louvre si accalcano, ho qualche difficoltà a considerarli generi minori․ Allora sono generi minori perché, con tutte le dovute eccezioni, si dedicano ad essi maggiormente le donne?
Certo, le donne prima non erano ammesse nelle Accademie, poi quando erano ammesse non potevano assistere alle lezioni con un nudo․ Ce lo conferma anche il quadro di Johann Zoffany “The Academicians of the Royal Academy”, 1772․
Vedete una donna fra gli artisti? C’è un nudo e tutti gli ammessi a lezione sono uomini rilassati, come quello opposto al nudo seduto in posa non elegante, un altro, al centro, seduto quasi a terra, tutti nel fervore della discussione․ Ma alla Royal Academy le donne c’erano, erano due: Angelika Kaufmann e Mary Moser․ E quindi Zoffany in qualche modo ce le mette, nel quadro․ Potete trovarle prima di continuare la lettura?
Sì, sono le due donne ritratte nei quadri sulla parete destra, divenute oggetti․
L’ultima affermazione aprirebbe troppi argomenti di cui siamo abbastanza (?) consapevoli e quindi mi fermo qui․
Allora, se le donne non potevano avere modelli nudi dovevano necessariamente dipingere dal vero oggetti: fiori, frutta, vasi… o scegliere sé stesse come modello e quindi fare ritratti․
Ma come si fa a dire che la natura morta è un genere femminile se mettendo a confronto quella dipinta da uomini e quella da donne non riusciamo a distinguere la “mano” maschile o quella femminile? Le quattro nature morte proposte hanno in comune molte cose: sono una rappresentazione realistica degli oggetti scelti, c’è una perizia scenografica che fa emergere gli oggetti dal buio alla luce, piani d’appoggio con inquadrature ravvicinate e frontali, fondi scuri senza immagini prospettiche dietro, senso di sospensione del tempo e di atmosfere rarefatte․ Eppure i primi due sono dipinti da uomini e gli altri due da donne: nell’ordine Panfilo Nuvolone, 1609, Ambrogio Figino, 1593, Clara Peeters, 1611, Fede Galizia*, 1593․
Mettiamo ora a confronto lo stesso soggetto “Giuditta e Oloferne” dipinto il primo da Artemisia Gentileschi, Roma1620, il secondo da Elisabetta Sirani, Bologna 1658․
Entrambe si muovono nell’Italia centrale, nel periodo dello stile Barocco; quindi dovrebbero rappresentare lo stesso soggetto in un modo simile e “femminile”? Osserviamo le due opere․
Artemisia Gentileschi sceglie di rappresentare il momento più drammatico, più violento, in modo più passionale, la seconda donna nel quadro partecipa all’azione, c’è un grande realismo espressivo, luce teatrale e chiaroscuro caravaggesco․
Elisabetta Sirani sceglie di rappresentare il momento dopo l’atto più violento, Giuditta è fredda e distante, la seconda donna non partecipa, c’è un’espressività idealizzata, luci e colori sono freddi․
Eppure usano tutte e due gli stessi colori: il rosso, il giallo, il blu․ Ma guardate che fuoco nel primo! I colori sono accesi! E che calma fredda nel secondo! Il giallo il rosso e il blu sono totalmente diversi․ Giuditta potrebbe avere fra le mani un vaso di fiori al posto della testa di Oloferne, se ci soffermiamo sulla sua espressione!
Due artiste rappresentano, nello stesso periodo storico, nell’Italia centrale, lo stesso soggetto in modo molto diverso․
Tutto ciò a dimostrazione del fatto che non esiste un’essenza femminile nella pittura․
Ciascun artista, sia uomo sia donna, esprime nella sua opera lo spirito del tempo nel posto in cui vive e il suo proprio sentire․