Archeologia familiare e Archeologia Condivisa ✍

“Che cosa fa nel tempo libero?” 

“Apro e chiudo cassetti.”

Così ha risposto Adriana Asti, una grande attrice italiana, al giornalista che la intervistava anni fa. Questa risposta è rimasta scolpita nella mia memoria perché descriveva perfettamente quello che facevo io, sia in senso letterale che metaforico. Fin da piccola succedeva spesso che fossi in casa da sola e uno dei miei passatempi preferiti era aprire i cassetti in camera di mia madre e quelli in camera di mia nonna. Rovistare nelle loro cose, aprire scatole, trovare fotografie ingiallite, lettere dal fronte di guerra, lettere dal continente dove si è emigrati, con struggenti nostalgie e sgrammaticature. Scoprire la collana di corallo e gli orecchini d’oro rosso mai visti indossare. Cercavo qualcosa e trovavo tesori, memorie, storie. 

In senso metaforico aprire e chiudere cassetti lo intendo come riprendere pensieri riposti in qualche cassetto del nostro cervello, messi da parte in momenti in cui non era possibile dargli corso. Poi, in ozio e relax, andiamo a riprenderli e con il giusto spazio mentale lievitano, prendono forma, soprattutto quelli creativi. Quelli dell’area ricordi se sono belli fanno stare bene, se sono brutti all’improvviso, appena apriamo “quel cassetto” ci tendono imboscate strizzando le nostre viscere o facendo fare capitomboli al nostro cuore. I pensieri creativi riguardano il futuro, i ricordi riguardano il passato. Abbiamo bisogno di entrambi. I primi per migliorare la nostra vita, i secondi per capire. Ecco perché andiamo a riprenderli. 

Conoscere, capire il passato è importante. Chi c’era prima di noi, come ha vissuto, che cos’è riuscito a fare determina in parte ciò che siamo al presente e ci aiuta a immaginare e delineare il futuro. 

La storia della famiglia e la Storia. Gli oggetti trovati nei cassetti e in soffitta rimandano alla nostra infanzia e la superano di molto nel viaggio all’indietro. L’Archeologia con i suoi reperti ci porta all’infanzia dell’umanità. Nei “cassetti” della Terra possiamo trovare tanto da scoprire e imparare. Quando le persone che potrebbero raccontare non ci sono più da molto tempo sono gli oggetti che parlano per loro; ciò che resta delle loro case, dei loro ornamenti, dei loro cibi conservati per un futuro che non gli ha consentito di consumarli. 

È affascinante scoprire cose di secoli e millenni fa.  Per chi pensa che queste ricerche e scoperte siano solo privilegio di pochi ho una bellissima notizia: in Toscana, a Poggio del Molino, in provincia di Livorno, c’è un sito archeologico diverso dagli altri, in un parco che si affaccia sul mare. Lo chiamano PArCo perché è acronimo di Parco Archeologia Condivisa. Ciò significa che la partecipazione agli scavi è aperta, con mansioni ovviamente differenziate, a studenti di archeologia e a cittadini appassionati o semplicemente desiderosi di vivere un’esperienza unica, sotto la guida esperta di un archeologo che dirige i lavori.  È tutto rigorosamente organizzato, quindi, affinché l’esperienza sia davvero vissuta appieno, si comincia con una riunione riguardante la sicurezza che va dall’abbigliamento al modo di muoversi.  Poi si passa al metodo di ricerca archeologica. È un campus didattico di archeologia che coinvolge insegnanti, studenti e volontari che condividono momenti esaltanti. Uno studente americano dice: “Qui è un’esperienza unica, è avere la storia nelle mani!” Molti sono gli studenti stranieri che si iscrivono e lavorano a stretto contatto con quelli italiani.  Il parco è pubblico, la gestione è privata: con le quote di partecipazione alla ricerca guidata si ha il compenso per il professionista che la dirige. È un modello di archeologia sostenibile e replicabile.  È un modo di prendersi cura del patrimonio sperimentabile da tutti. “C’è anche chi ha regalato una settimana di scavi al proprio fidanzato” mi dice la dottoressa Carolina Megale, colonna di questo fantastico progetto.

Attività

VERBI, PASSATO PROSSIMO E IMPERFETTO INDICATIVO

Livello intermedio

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