11 Ottobre 2025
L’italiano vero

L’espressione “l’italiano vero” ha un duplice significato. Può indicare la persona italiana tipica, ma anche riferirsi alla lingua che gli italiani parlano.

Cercando un po’ di musica, mentre ero in macchina, sono incappato in una vecchia canzone che nel suo ritornello conteneva questa espressione.  Anche quando la canzone è finita, il suo ritornello, molto gradevole ed orecchiabile, ha continuato a rimbalzare nella mia testa a lungo. Il titolo della canzone era (è, ancora circola) “L’italiano”, il cantante era Toto Cotugno e il ritornello in questione è: Lasciatemi cantare/Perché ne sono fiero/Sono un italiano/Un italiano vero. La canzone è del 1983 e contiene un elenco di motivi che dovrebbero giustificare la fierezza di essere italiani. Ci sono elencati quasi tutti gli stereotipi che, nel bene e nel male, rendono gli italiani famosi nel mondo: la chitarra, la rima cuore/amore, gli spaghetti, il caffè, il vestirsi bene, il calcio, le macchine, eccetera. Curiosamente manca solo la pizza. È interessante ricordare che la canzone ha avuto un successo clamoroso, milioni e milioni di dischi venduti in Italia, ma soprattutto all’estero. Evidentemente le parole della canzone dipingevano una figura di italiano che si sovrapponeva fedelmente allo stereotipo dell’identità italiana nel mondo di allora, e di oggi. Una figura inesistente, inventata per far incarnare vizi e virtù stratificati e amplificati nel tempo in un singolo individuo. Insomma la parodia di un simpatico ma inaffidabile amante della vita.

Dopo aver superato l’attimo di nostalgia provocato da un verso della canzone, “un partigiano come presidente”, che fa riferimento a Sandro Pertini, uno dei capi della Resistenza al nazifascismo che fu eletto Presidente della Repubblica nel 1978, e il fastidio che gli stereotipi mi provocano sempre, ho pensato che rispondere alla domanda “Chi è l’italiano vero?” è davvero impossibile, a meno che non si voglia cadere in banali e grossolane generalizzazioni. E non soltanto parlando di una presunta persona tipica, ma anche di lingua.

Chiedersi, riferendosi alla lingua, “Qual è l’italiano vero?” è altrettanto poco ragionevole e insensato? Nell’Introduzione di un suo libro di una decina di anni fa, il linguista Giuseppe Antonelli scriveva:” L’italiano continua a cambiare: cambia il nostro modo di usarlo, perché cambia il mondo in cui lo usiamo”. Che il cambiamento esista è testimoniato dai vocabolari, che, come attenti notai, registrano ciò che di nuovo entra a far parte del patrimonio linguistico e quello che è cambiato nell’uso di parole che già da tempo fanno parte del sistema della lingua. La lingua è dunque un organismo vivo, mai statico, anzi in frenetica trasformazione. Prova ne sia l’edizione ormai annuale (!) del più famoso vocabolario di lingua italiana, lo Zingarelli: praticamente un cantiere aperto. E allora come si fa a indicare quale sia l’italiano vero? Ingabbiare la lingua in una sintetica definizione, in una rappresentazione immutabile quel tipo di comunicazione che per essere al passo dei cambiamenti di questo nostro mondo trova, anzi deve trovare, sempre nuove forme e nuove modalità di espressione è davvero impossibile, a meno che non si voglia cadere nelle già citate banali e grossolane generalizzazioni.

Sembrano dunque poco accettabili le critiche dei cosiddetti puristi che vedono nelle trasformazioni della lingua e nel suo arricchimento un pericolo di inquinamento dell’identità stessa della lingua italiana.