22 Ottobre 2025
nottedinvernopersone
Pare che Lincoln abbia detto “Non mi piace quell’uomo, devo conoscerlo meglio” e che questa fosse una delle sue massime preferite․

Pare che Lincoln abbia detto “Non mi piace quell’uomo, devo conoscerlo meglio” e che questa fosse una delle sue massime preferite․ Per conoscere meglio quell’uomo lo ascoltava, ascoltava le sue critiche e cercava di capirne i punti di vista․ A sua volta aveva l’opportunità di spiegare i suoi punti di vista, cercava punti d’incontro e sebbene ci fossero divergenze di opinioni, affrontandolo con gentilezza e coraggio riusciva a neutralizzare i punti più aspri della critica ottenendo, se non la piena convergenza, sicuramente la visione di entrambi cambiata e soprattutto il rispetto di ciascuno dei due verso l’altro, per il quale precedentemente provava solo avversione․

Ho letto di questo nel libro “Della gentilezza e del coraggio” di G․ Carofiglio, dove si trova un altro illuminante esempio di come provare ad ascoltare davvero paghi․ 

Daryl Davis, musicista e compositore afroamericano, decide un giorno di scrivere un libro sul Ku Klux Klan per rispondere alla domanda che aveva in testa da quando aveva dieci anni: “Per quale motivo mi odi se non mi conosci e non sai nulla di me?”

Fa chiamare dalla sua segretaria proprio il Mago Imperiale, cioè il capo supremo del KKK nel Maryland, Roger Kelly,  e fissano un appuntamento spiegando che la motivazione dell’incontro era quella di scrivere un libro su di loro, ma non specificando il colore della pelle dello scrittore․ Il Mago Imperiale si presenta all’appuntamento con una guardia del corpo armata e quando vede Daryl Davis si crea grande tensione․ Però i due cominciano a parlare․ Dopo il  primo incontro ne segue un altro e altri ancora․ Diventano amici e addirittura Kelly, il Mago Imperiale del Klan, sostenitore della superiorità della razza bianca, chiede a Davis, il musicista nero che voleva capire perché gli uomini del Klan lo odiassero, di fare da padrino a sua figlia”․ Kelly abbandona il Klan e così molti altri membri con cui Davis ha l’opportunità di parlare․ Davis racconta l’esperienza nel suo libro “Klan – Destine Relationship: A Black man’s Odissey in the Ku Klux Klan” e anche di molti altri incontri in cui ascoltando queste persone piene di pregiudizi razzisti, spesso inimmaginabili, dava loro l’opportunità di rendersi conto, a volte fornendo informazioni e dati reali, altre lasciando in sospeso concetti sui quali riflettere, di quanto i loro pregiudizi fossero senza nessun fondamento․

Per affrontare questo ci vuole coraggio, voglia di capire, onestà, gentilezza, rispetto․

Ma che risultati! 

Chi di noi, nella vita, non vorrebbe un interlocutore capace di ascoltare, capire, venire dalla nostra parte, quindi empatico, ma capace anche di farci vedere con gentilezza e rispetto dove potremmo migliorare? La risposta è facile․

Chi di noi vorrebbe avere la capacità di ascoltare, mettersi nei panni dell’altro, capire e rendersi utile a un amico, a un familiare, a un collega, a chiunque? La risposta è meno scontata․

Ma saper ascoltare è veramente ciò che fa la differenza,  saper ascoltare cambia la qualità in famiglia, a scuola, nel lavoro, in politica, nella società․

Anche quando studiamo una lingua․ Se una scuola di lingua non propone l’attività dell’ascolto non è una scuola di qualità․ Anche qui, dando per scontata la gentilezza e il rispetto, ci vuole coraggio, voglia di capire, onestà da parte degli insegnanti e degli studenti․ 

Chiamo in causa l’onestà dell’insegnante perché non sarebbe onesto far ascoltare qualcosa che lo studente è in grado di capire in quanto tutto ciò che ascolta è già stato trattato in precedenza, (e quindi non può non capirlo)․ Succedeva a me anni fa quando studiavo l’inglese․  L’ascolto era una conversazione per riassumere, a conclusione di quanto fatto․ Ero contenta di aver capito tutto, salvo poi non capire niente quando cercavo di intercettare la conversazione reale che intercorreva, per le scale, tra la mia insegnante e il suo ragazzo alla fine della lezione․ Mi sentivo frustrata e anche un po’ ingannata․ Quella che facevamo non era un’attività di ascolto per sviluppare la mia capacità di capire una reale conversazione fra parlanti di madrelingua inglese․ Perché perdevamo tempo ad ascoltare in classe qualcosa che capivamo? 

Il coraggio dell’insegnante è quello di esporre gli studenti alla lingua parlata autentica; certo, a seconda del loro livello, ma non lingua artefatta, rallentata, scandita, per dargli modo di capirla․ Quella parlata dai nativi nelle loro reali interazioni, con la normale velocità, ridondanza, frasi lasciate a metà, riprese dopo divagazioni, la pronuncia non scandita․ Bisogna fargli ascoltare lo stesso brano  molte volte nel corso dell’attività di ascolto: è stato sperimentato che lo studente trae il massimo vantaggio da un’attività di ascolto se riascolta fino a 6 volte․ Invitandolo a non preoccuparsi se capisce poco, ma sottolineando che quell’attività è per prepararlo ad essere sempre più capace di capire quando si troverà a doverlo fare, quando non sarà più soltanto un esercizio in cui una comprensione relativa non porterà alcun danno, ma solo passi in avanti nel processo di apprendimento․ La voglia di capire sarà comunque soddisfatta dal rendersi conto che se considera quanto ha capito dopo il primo ascolto e quanto dopo il sesto (compito dell’insegnante farlo riflettere su questo) converrà che la differenza è notevole, se si è rilassato, fidato dell’insegnante, e ha affrontato il tutto con onestà․  

Il coraggio dello studente sta nell’accettare l’attività forse più difficile del suo corso di lingua, perché non può controllare la velocità di chi parla․ La voglia di capire dello studente deve essere finalizzata ad accettare che capire poco o pochissimo agli inizi è la normalità e che non ci sarà paura o frustrazione se ha chiaro che non ci sarà nessun giudizio su quanto ha capito, che potrà confrontare la sua comprensione con i suoi compagni di classe che hanno le sue stesse difficoltà․ E’ con loro, con i “pari” che cercherà di costruire una migliore comprensione, offrendo  ciò che ha capito, accogliendo ciò che ha capito l’altro, inferendo, immaginando, utilizzando la sua conoscenza del mondo ad ogni nuovo ascolto․ Riascoltando e confrontandosi spesso cambierà opinione, confermerà, aggiungerà particolari․ Intanto la lingua ascoltata, dai suoni inizialmente sconosciuti, diventerà sempre più decodificabile, familiare e acquisita․

Studiando così, gli studenti si renderanno conto che l’insegnante ha piena fiducia nelle loro capacità e proprio per questo li pone con convinzione e tranquillità di fronte a splendide sfide․

L’ascolto, la voglia di capire, è la splendida sfida che può rendere più familiare una lingua, rendere davvero grandi i progressi nella capacità di capirla, far diventare chi non ci piace una persona comunque degna di rispetto e perfino trasformare un nemico in amico․