11 Settembre 2025
felice casorati persone

A volte guardiamo un quadro distrattamente. Forse perché siamo già da un’ora in un museo e siamo stanchi o forse perché non c’è niente che ci colpisce al primo sguardo. Sono proprio questi quadri che spesso nascondono piccoli tesori, come un mare calmo, piatto, ma che sotto la superficie è agitato da una vita che brulica e anima le acque.

Uno di questi quadri è “Persone” di Felice Casorati, del 1910. Mentre Picasso in quegli anni smontava la percezione dello spazio e del tempo con i suoi primi quadri cubisti insieme a Braque, e Marinetti pubblicava il Manifesto del Futurismo per distruggere il passato e ricostruire una nuova realtà dinamica, rapida e tecnologica, Casorati ci mette di fronte ad una serena tavolata di famiglia.

O questo è quello che percepiamo ad un primo sguardo. Se infatti ci fermiamo ad osservare i vari personaggi, scopriremo che c’è qualcosa di più di una semplice scampagnata. In effetti siamo all’aria aperta, una luce calda sfiora tutta la scena e il gatto a sinistra che si riposa sdraiato rallenta il ritmo della narrazione, che siamo abituati a fare da sinistra a destra. La tavolata è aperta e chiusa da due ragazze: quella di sinistra è vestita di nero, e rivolge il suo sguardo interrogante all’altra persona vestita di nero: il giovane ragazzo pensieroso con una statuetta. Sembrano condividere lo stesso stato d’animo meditabondo. Quasi volendosi sottrarre alla scena, troviamo poi il signore che legge il pesante libro rosso, appoggiato sul tavolo. Accanto a lui, la signora in posizione centrale e frontale ci guarda, ha un’espressione enigmatica, quasi un sorriso ironico, di qualcuno che sa ma non può dire. Forse quello che sa è nascosto nel cofanetto chiuso che ha di fronte a lei. Chissà.

A destra chiudono la tavolata due ragazze che si somigliano, entrambe ci guardano, una più seria seminascosta dai fiori, mentre l’altra ci sorride apertamente e la sua mano sinistra ci accompagna verso l’ultima persona del quadro: la bimba di spalle. È come se fosse un gioco di contrari: la bambina non è girata verso di noi, come gli altri, ma neanche il seggiolone è messo come ci aspettiamo, è girato anch’esso. A destra in basso troviamo la firma del pittore scritta su un cartiglio.

Sul tavolo c’è poco da mangiare, c’è della frutta, libri, fiori, un piatto, una tazza, un bricco, una bambola. 

Finora abbiamo solo osservato. Ora però abbiamo delle domande: chi sono? Che relazione c’è tra loro? Sono una famiglia? Perché non si parlano e quasi non si guardano? Qual è l’occasione? Non sembra essere un pranzo, ma neanche una semplice riunione familiare. Ci sono libri aperti, con pagine bianche impossibili da leggere, c’è uno scrigno chiuso che scatena la nostra curiosità, ci sono sguardi malinconici e sguardi ironici, ci sono sorrisi e c’è indifferenza, ci sono infanzia, gioventù e vecchiaia. Tutto è immerso in questa tonalità verde che invade la scena e la unifica, ma ogni persona sembra raccontare una storia a sè, ognuno è una piccola isola dentro questo verde arcipelago ancorato al tavolo rettangolare. 

Non ci sono risposte, non c’è una storia da raccontare o un evento da celebrare. Possiamo immaginare i loro pensieri, la loro vita, le loro storie. Questo quadro conquista con la sua calma piatta, con la sensazione che qualcosa ci stia sfuggendo, con quell’impercettibile “non detto” che percorre tutta la tavolata. Ci perdiamo in questo mare calmo. 

E come scrisse Leopardi: “e il naufragar m’è dolce in questo mare ”.