15 Ottobre 2025
CA9

Italo Calvino

Continuiamo con l’esplorazione della magnifica opera di Ernesto Ferrero, “Album di famiglia. Maestri del Novecento ritratti dal vivo”, da cui questo brano è tratto.

[1957, un anno dopo la repressione dell’Unione Sovietica in Ungheria]

Per lui la stagione dell’impegno politico si è chiusa definitivamente. Non riteneva più che la politica fosse ‘un’attività totalizzante’ e da allora ne ha diffidato. Rimpiangeva di averci speso tanto tempo, tante energie. Scriverà nel 1980: “Penso che oggi la politica registri con molto ritardo cose per altri canali la società manifesta e penso che spesso la politica compia operazioni abusive e mistificanti”. Un anno prima, in un articolo apparso sulla “Repubblica” e rimasto famoso, si chiedeva se era stato stalinista anche lui. Scriveva: “Noi comunisti italiani eravamo schizofrenici. Sì, credo proprio che questo sia il termine esatto. Con una parte di noi eravamo e volevamo essere i testimoni della verità, i vendicatori dei torti subiti dai deboli e dagli oppressi, i difensori della giustizia contro ogni sopraffazione. Con un’altra parte di noi giustificavamo i torti, le sopraffazioni, la tirannide del partito, Stalin, in nome della causa. Dissociati”. E concludeva: “Se sono stato (pur a modo mio) stalinista), non è stato per caso. Ci sono componenti caratteriali proprie di quell’epoca che fanno parte di me stesso: non credo a niente che sia facile, rapido, spontaneo, improvvisato, approssimativo. Credo alla forza di ciò che è lento, calmo, ostinato, senza fanatismi, né entusiasmi. Non credo a nessuna liberazione individuale e collettiva che si ottenga senza il costo di un’autodisciplina, di un’autocostruzione, d’uno sforzo”.

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