Giovedì gnocchi, sabato trippa✍
La scritta giovedì gnocchi, sabato trippa che compare ancora oggi in alcune trattorie storiche di Roma, ma non solo, in realtà non è completa. La frase completa recita così: giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa. Ma siccome in Italia tutti conoscono il precetto religioso della tradizione cristiana di mangiare “di magro” il venerdì, cioè senza carne, bensì pesce o legumi per fare penitenza, non è necessario scriverlo. Ceci e baccalà è infatti uno dei piatti preferiti per la “penitenza” e non c’è mercato rionale o negozio di alimentari che di venerdì non esponga i due ingredienti già in ammollo e pronti per essere cucinati. Che poi per molti la penitenza si sia trasformata in semplice tradizione è un dato di fatto e che il piatto, se ben preparato, sia una vera e propria bontà è anche questa una certezza. Ecco perché ho virgolettato la parola penitenza.
L’usanza di preparare determinati piatti in determinati giorni della settimana rispondeva alla necessità, soprattutto nel dopoguerra, di razionare il cibo ancora scarso cercando il più possibile di soddisfare la richiesta di sostanza per chi spendeva energia fisica lavorando duramente, e all’epoca erano i più.
Ma perché giovedì gnocchi? Perché gli gnocchi sono un piatto caldo che riempie e dà sostanza, adatto per affrontare il giorno successivo “magro”. Preparato con ingredienti poveri, patate bollite, pelate e schiacciate a cui si aggiunge farina (facoltativo l’uovo), si impasta e si formano cilindri dello spessore di un dito medio, si tagliano a tocchetti di circa due centimetri e si cuociono in acqua bollente. Sono cotti quando vengono a galla. Si scolano e si condiscono con sugo fatto con pomodoro fresco, olio, aglio e basilico. Una bella spolverata di formaggio arricchisce il piatto. Da leccarsi i baffi!
La cosa importante da sapere se volete farli in casa è che le patate possono essere rosse, gialle o bianche ma non novelle perché contengono troppa acqua; possono anche essere cotte al forno o al vapore ed è bene impastarle con la farina quando sono ancora calde. Gli gnocchi possono comunque essere conditi in vari modi, con un buon ragù di carne o in bianco con formaggio gorgonzola. In tutta Italia ci sono versioni molto golose; per esempio io ho mangiato gnocchi fatti con patate viola e conditi con ragù bianco di coniglio. Una prelibatezza! Da nord a sud in Italia gli gnocchi mettono d’accordo tutti e se volete mangiarli al ristorante ricordatevi che il giorno più adatto per trovarli nel menù è il giovedì.
Aggiungo una piccola nota di attualità: agli Emmy Awards 2024, che premia da 76 anni i migliori programmi televisivi, è stato chiamato negli Stati Uniti lo chef italiano Augusto Pasini per preparare i suoi Gnocchi “a la plancha” con salsa di Franciacorta e tartufo nero. Ben 4800 gnocchi fatti a mano per gli invitati al Gala che conclude la manifestazione di Los Angeles!
Torniamo a noi. E perché sabato trippa? Intanto spieghiamo che la trippa altro non è che lo stomaco di bovino. So che molti arricceranno il naso e posso capirli. Ma chi è stato abituato a mangiarla fin da piccolo non ci rinuncia, tanto è gustosa.
Il sabato c’era la macellazione degli animali per il piatto ricco della domenica. Ecco perché. Chi non poteva permettersi i tagli di carne più costosi, cioè scelti fra i due quarti anteriori e posteriori del bovino, comprava “il quinto quarto” ossia le frattaglie: trippa, fegato, cuore, polmoni, coda, zampe, lingua, cervello… insomma le parti più economiche, meno nobili, ma non meno nutrienti, anzi, ricche di elementi utili al corpo umano.
Spesso venivano date come supplemento di paga ai lavoratori del mattatoio. Bisognava solo saperle cucinare e le brave donne di casa certamente lo sapevano fare in modo egregio riuscendo a portare a tavola piatti davvero golosi. La trippa oggi si trova già perfettamente pulita e anche già lessata se si vuole. Una volta tagliata a striscioline (e bollita se si compra cruda) si prepara cuocendola successivamente in un sugo di pomodoro, cipolla e carota: la trippa alla romana ha come ingredienti imprescindibili la menta e il pecorino romani, mentre a scelta è l’uso del peperoncino o del pepe; quella alla fiorentina ha il sedano e il parmigiano DOP; quella emiliana o parmigiana non sfuma la trippa col vino ma col brodo, e conclude il piatto ovviamente col parmigiano DOP; quella alla milanese è molto ricca e complessa perché aggiunge aromi come salvia, chiodi di garofano, bacche di ginepro e prevede fra gli ingredienti anche i fagioli bianchi di Spagna o borlotti, come formaggio si sceglie il Grana Padano DOP. A Milano il piatto prende il nome di busecca.
Sono solo alcuni esempi fra i più citati, ma nelle cucine italiane ognuno sperimenta modalità di preparazione personalizzate con ottimi esiti. Ho avuto modo di apprezzare molto la trippa in bianco alle erbe aromatiche della mia amica Paola, una vera bontà.
A questo punto vi chiederete: e gli altri giorni della settimana non hanno piatti stabiliti?
Se guardiamo al passato esiste una testimonianza di un poeta romano dell’800, rimasto anonimo, che in una poesia dialettale descrive entusiasticamente il menù dell’intera settimana: lunedì coda (quindi ancora il “quinto quarto”), martedì fagioli con le cotiche (cotenne di maiale), mercoledì stufato, giovedì gnocchi, venerdì zuppa di pesce, sabato trippa, domenica supplì (crocchette di riso condito con ragù e un cuore di mozzarella filante) che a detta del poeta erano così buoni che se ne potevano mangiare anche più di cento!
Di supplì i romani sono ghiotti da sempre, ma l’esagerazione è certamente una licenza poetica!
Guardando al presente la scelta è ovviamente libera, anche se i costumi alimentari, prendendo maggiormente in considerazione la salute, aggiungono più pesce (spesso il martedì) ed evitano troppi grassi. Però le consuetudini gastronomiche descritte restano nella tradizione.
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