Dalla terra al pane✍
Il 17 ottobre dell’anno 2016, due giovani, Raffaele e Ilaria, lui piemontese e lei lombarda, arrivano a Loro Piceno, un piccolo paese dell’entroterra delle Marche, Italia centrale. Hanno scelto di vivere in questo piccolo borgo, hanno degli ideali e dei progetti. Vogliono realizzare il sogno di entrambi: creare un’azienda agricola che sia anche una realtà sociale e culturale, che possa funzionare come motore, come incentivo per lo sviluppo di un’area che sembra destinata ad un futuro connotato dall’abbandono. Ecco le loro parole che esprimono al meglio la loro agenda: “…insieme abbiamo deciso di contribuire alla rivitalizzazione di un piccolo borgo dell’Italia interna. Riempiendo il nostro zaino di esperienze legate al mondo dell’economia solidale, della promozione sociale, unite alla poesia dell’artigianato, alle erbe e allo scambio di saperi fatti con le mani”. Forti dunque delle loro esperienze personali, sono convinti che l’agricoltura, l’agricoltura tradizionale, sia uno strumento ideale per ricostruire una sorta di economia circolare, dove agricoltori, produttori, negozianti e cittadini sono soggetti di pari importanza, che convivono in una società caratterizzata dall’aiuto reciproco, dall’accoglienza e dall’inclusione.
A questo punto della storia servono le parole di Ilaria per descrivere un fatto decisivo.
“Arrivati in queste zone sono successe tutta una serie di coincidenze che ci hanno portato a trasferirci qui il 17 ottobre del 2016.
Nove giorni prima del terremoto.
Ripresi dallo shock ci siamo guardati e ci siamo detti “andiamo?”, “stiamo?”, “cosa facciamo’”. E poi la cosa è stata: “No, è qua che possiamo costruire”, cioè il fatto che ci fosse stato questo evento drammatico che ha scosso tutte quante le strutture, forse lì potevamo gettare un piccolo seme di ricostruzione, tanto le cose dovevano essere ricostruite. Quello che si è aperto è stato il cuore delle persone, perché noi abbiamo incontrato la comunità, che ci ha fatto diventare parte integrante, ci ha adottato.”
Raffaele e Ilaria hanno tenuto duro. Hanno lavorato la loro terra, hanno selezionato semi, hanno ritrovato grani antichi, mettendo anche a frutto l’aiuto e i consigli di anziani agricoltori felici di mettere a disposizione la loro esperienza. Ma per poter considerare realizzato il loro sogno di economia circolare mancava qualcosa: dopo la terra e il grano, serviva produrre il pane per chiudere il cerchio. Il destino li aiuta. A Loro Piceno c’è un vecchio forno del 1800, di proprietà del comune e chiuso da tanti anni. Ne chiedono l’uso e gli viene concesso. Dopo la ristrutturazione cominciano a sfornare un pane buonissimo, oltre a biscotti e un tipo speciale di pizza. La presenza del forno rivitalizza il paese, Raffaele e Ilaria coinvolgono anche i bambini della scuola offrendo loro la possibilità di vedere l’intera filiera del pane: dal campo, al mulino e al forno. E non si fermano qui. Ecco un altro obiettivo spiegato da Ilaria: “Vorremmo ridare un pezzo di bene comune alla comunità che ci sta ospitando, attraverso il forno comunitario. Dopo l’infornata del pane rimane ancora un sacco di inerzia termica e quindi vorremmo invitare i cittadini del paese, anche dei piccoli paesini limitrofi, a portare i loro piatti che gli serviranno per il weekend, la teglia dei vincisgrassi [un tipo di lasagna tipico della zona], il pollo… facendo una piccola piazzetta allestita con sedie e tavolini, così che la gente possa passare quell’ora, quelle due ore in compagnia a chiacchierare.” Così, mentre nel forno cuociono i loro piatti della domenica, si allacciano e si creano relazioni, si consolida quel tessuto sociale indispensabile per mantenere viva la comunità, la tradizione, la storia di quella zona.
Neanche il Coronavirus è riuscito a fermare il progetto di Raffaele e Ilaria. La loro azienda, chiamata “Terra Prospera”, dopo l’ovvio rallentamento durante l’epidemia, ha ripreso con più entusiasmo e vigore di prima a sfornare quel delizioso pane che chi scrive ha avuto il piacere di assaggiare.
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