
La notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 avviene uno dei furti più sconvolgenti della storia dell’arte: dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo viene rubata la “Natività di Caravaggio”, capolavoro del 1600, lasciando sull’altare non solo il telaio, ma anche un vuoto incolmabile. Comincia una cronaca di indagini, soffiate, depistaggi, ipotesi e cospirazioni, ma ad oggi ancora non sappiamo dov’è, e se è ancora in buone condizioni, la tela alta più di due metri e mezzo di Caravaggio. Un quadro che con ogni probabilità è stato rubato dalla mafia, che spesso è stato citato durante confessioni e processi con l’intenzione di trasformarlo in moneta di scambio per alleggerire le condanne ai boss della mafia, e che è stato protagonista dei racconti più fantasiosi e agghiaccianti sul suo destino. Diversi esponenti della mafia hanno raccontato che si usava durante le riunioni della cupola mafiosa per sfoggiare il potere e il prestigio dell’organizzazione criminale, oppure hanno raccontato come sia stato nascosto in una stalla e alla fine sia stato distrutto perché irrimediabilmente danneggiato, o anche che sia stato fatto a pezzi e venduto. Si diceva, non senza una certa amarezza, che chi ruba preferisce i quadri che raffigurano la natività, perché da una sola opera se ne ricavano cinque: bambino, Madonna, San Giuseppe, asinello e bue.
L’ipotesi più ottimista vede la tela del pittore seicentesco in mano ad un misterioso collezionista svizzero già dagli anni 70. L’unico dato certo è che da quella notte del 1969 non abbiamo più la possibilità di ammirare dal vero questo capolavoro, anche se dal 2015 è stata istallata al suo posto una riproduzione ad altissima risoluzione, in scala 1:1, ribattezzata Natività 2.0, realizzata con le più avanzate tecnologie (già usate per la riproduzione della tomba di Tutankhamon e per quella de “Le Nozze di Cana” di Veronese) dall’impresa Factum Arte.
Per fortuna, non tutti i furti finiscono in questo modo così tragico e misterioso. Ce ne sono anche altri che hanno ugualmente sconvolto l’opinione pubblica, ma grazie al senso civico di una cittadina e al lavoro instancabile del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico dei Carabinieri si sono conclusi con il ritrovamento del bottino.


Parliamo del clamoroso furto al Palazzo Ducale di Urbino, la notte tra il 5 e il 6 febbraio 1975.
Vengono rubati “La Muta” di Raffaello, “La Flagellazione” e ” La Madonna di Senigallia” di Piero della Francesca, i tre quadri più preziosi della collezione, tre opere fondamentali del rinascimento italiano. Lo shock è fortissimo. L’appena nato Ministero per i Beni Culturali (istituito nel dicembre 1974) ha già un penoso compito: quello di rivolgersi ai ladri, chiedendo di trattare bene le opere, di non toccare le tele con le mani nude e di avvolgerle in panni di velluto per proteggerle. Sarà proprio questo dettaglio che porterà il primo indizio ai Carabinieri. Infatti una ragazza di Pesaro si è insospettita quando il suo fidanzato (che di lavoro fa il falegname) le ha chiesto di comprare una grande quantità di velluto e lei va a raccontarlo ai Carabinieri. Da qui partono le indagini che porteranno fino in Svizzera e che restituiranno alla città di Urbino e all’umanità intera i tre capolavori. Grazie alla celerità delle forze dell’ordine abbiamo evitato un disastro maggiore: i ladri, vista l’impossibilità di vendere i quadri, dato il clamore che si era creato, avevano deciso di distruggerli!



Attività 1 & 2
ARTICOLI DETERMINATIVI E INDETERMINATIVI – FORME VERBALI PASSIVE
Livello elementare – avanzato
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